martedì 10 giugno 2014

PERSONAGGI DI PREDAPPIO: La zopa dla canzlera e un povero cristo

TRATTO DAL LIBRO "POI VENNE LA FIUMANA" 
di Palmiro Capacci




                            Ruderi del Podere "La Cancelliera"( La Canzlera) in Comune di Predappio



La “Zöpa dla Canzlëra” e la Regina d’Inghilterra

Nobiltà e decadenza

Tira la sēga, mettla a e sôl

Quand la j’é sèca, la manda l’udôr

Zum, zum, zum, zum.


Per noi era la “Zöpa dla Canzlëra”, ma lei si definiva la “Regina d’Inghilterra”.
Viveva sola nel podere La Cancelliera (La Canzlëra) posto sul monte Brucchelle (Mônt Bruchêl), di là del crinale, quindi in Comune di Predappio. Viveva quasi in cima, per questo talvolta scendeva verso Predappio e altre volte verso Cusercoli e in questo caso passava davanti a Fasfino.
Della Zöpa dla Canzlera mi è rimasta impressa sostanzialmente un’unica immagine, nitida, indelebile. La rivedo come in uno spezzone di film mentre transitava davanti alla nostra casa per la strada bianca e polverosa, era in viaggio di ritorno da Cusercoli, in un giorno assolato, in piena estate, con le stoppie ingiallite e gli alberi ancora verdi, le cicale frinivano, nulla si muoveva, anche l’aria pareva immobile, no, anzi a ben guardare in lontananza vibrava ed evaporava ondeggiando, come succede nelle strade asfaltate durante la calura estiva, … all’improvviso, come d’incanto da dietro alla curva appariva la figura di una donna di mezza età, magra, longilinea, con un passo claudicante si spostava lentamente ma senza sosta. Non si fermava a prendere fiato, non si fermava a salutare o a bere un bicchiere d’acqua. Transitava fino a scomparire dietro un’altra curva. La donna era vestita con colori vivaci, aveva l’ombrello aperto per ripararsi dal sole, il parasole era di un colore rosso: un rosso sgargiante tendente al lillà e a guardarla da vicino si poteva notare che sulle labbra aveva due dita di rossetto che faceva risaltare ancor di più l’austera tristezza di un volto che raramente aveva conosciuto il sorriso. Veniva da chiedersi se era reale o un’allucinazione.
Ai bambini, ma anche ai grandi non dava troppa confidenza; non incuteva paura, ma un po’ di timore nei bambini e di disagio nei grandi, probabilmente per la sua diversità. “La j’è mata” talvolta si precisava, ma quando si diceva ciò non c’era solo compassione nelle parole, ma forse anche un po’ d'imbarazzo e d’invidia, in fondo la normalità della monotona e misera vita del contadino non aveva molto d'invidiabile forse come retro pensiero inconscio o inconfessabile si poteva pensare che almeno i pazzi vivevano esperienze diverse e più eccitanti; qualcuno a mezza voce mormorava: “Chi sa? Forse in t’la su pazia la sta mèj ad nujētar” ( Chissà? Forse nella sua pazzia è più felice di noi).
Di che vivesse una donna sola che abitava in un podere sperduto non saprei. Non abitava lontano, ma di lei si sapeva assai poco. Per un certo tempo abitava con un fratello, poi rimase sola, probabilmente i parenti l’aiutavano e, nonostante stesse un po’ sulle sue, qualche aiuto lo riceveva anche dai vicini, come era uso a quei tempi. Possedeva in ogni caso qualche risorsa in proprio, tanto che si faceva cucire i vestiti dalla sarta di Cusercoli e, come mi ha riferito la figlia di quella sarta, ha sempre pagato regolarmente. Pensavo che lei non fosse d’origine contadina, facevo fatica ad immaginare una contadina romagnola dei tempi andati che si proteggesse dal solleone con un ombrello dai colori sgargianti, invece proveniva proprio da una famiglia contadina, per quanto anomala ed originale era parte della comunità rurale. Chissà quale fu la sua storia?
Molti anni dopo, quando non ero più un bambino contadino, ma un maturo cittadino mi è capitato di parlare con alcuni abitanti di Predappio, che ricordavano benissimo la Zöpa, ma loro la conoscevano come la “Regina d’Inghilterra” … mi raccontarono di quando scese giù a Predappio e, recatasi in Comune, irruppe nell’ufficio del sindaco e prese il primo cittadino ad ombrellate in testa, perché a suo dire le aveva mancato di rispetto, a lei che era la Regina d’Inghilterra. Intollerabile. Il Sindaco si prese su le ombrellate con spirito di comprensione e sopportazione; allora c’erano dei grandi amministratori che se si prendevano un’ombrellata in testa, non la facevano tanta lunga e non si mettevano a fare le vittime per tutto il paese.
Ho conosciuto un nipote della nostra protagonista, l’ho trovato deludente non aveva nulla del pathos della zia. Aveva ereditato “La Cancelliera”, si vergognava di chi gliela aveva lasciata, ne parlava malvolentieri, ma forse non l’aveva nemmeno conosciuta. Voleva solo disfarsi del podere vendendolo al proprietario del vicino allevamento di “bigatti”.
Rimpiango di non aver mai avuto il coraggio di parlare con la nobile Regina d’Inghilterra (ammesso che lei si fosse degnata).
                                     Ruderi del podere la Cancelliera - Comune di Predappio



UN POVERO CRISTO (Un por s-cién)
Tratto da un altro capitolo di "Poi venne la fiumana".


Per terminare riporto un altro episodio che, pur essendo un caso limite, aiuta a capire il clima di quei tempi.  Poco prima della seconda guerra mondiale, viveva a Predappio un “povero cristo” che aveva la sventura d’essere balbuziente, ma soprattutto aveva la sfortuna di vivere in condizioni d’estrema miseria, quella più dura, quando è un problema quotidiano sapere se e cosa mangiare la sera e il giorno dopo. Non aveva nulla, ma una moglie l’aveva trovata. Questa moglie ebbe la brillante idea di partorire, e come se non bastasse non si limitò ad un figlio …  fece addirittura due gemelli. Il povero uomo si recò in Comune per chiedere al podestà Pietro Baccanelli se gli “passava” una capra per integrare col latte l’alimentazione dei due neonati in quanto quello della moglie malnutrita non sarebbe bastato. Quello della capra era uno dei servizi in aiuto alla maternità erogato dai servizi sociali del Comune ai cittadini più indigenti, ma il quel momento l’amministrazione comunale aveva grossi problemi di bilancio e il podestà con rammarico disse al povero disgraziato che la capra non gliela poteva concedere. L’uomo con tutta la calma rassegnata, che la miseria più nera determina, non si scompose più di tanto, e balbettando rispose: ”Non potete darmi la capra? Pazienza. Adesso vado a casa scelgo il più bello e lo tengo, l’altro lo affogo”. Detto ciò lasciò il podestà che sul momento era rimasto stupefatto e non riuscì a replicare, ripresosi dallo sconcerto temette che l’uomo avrebbe potuto effettivamente fare ciò che aveva promesso, lo fece richiamare mentre già stava scendendo le scale del palazzo comunale e gli disse che avrebbero trovato i soldi per la capra.