domenica 22 ottobre 2017

FASCISMO E ANTIFASCIMO A PREDAPPIO NEL VENTENNIO



(Testo tratto dal libro: La foja de farfaraz. Predappio: cronache di una comunità viva e solidale)
Monumento alla resistenza di Predappio.( Si trova nei parco del Palazzo Comuale)

Il fascismo di Predappio
Quanto affermato sulla natura del fascismo forlivese vale in modo particolare per quello di Predappio. Abbiamo già visto che il fascismo si impose non per stimolo interno: i fascisti locali era quattro gatti (il 28 ottobre 1922, data della “Marcia su Roma”, gli iscritti al Fascio erano 4 a Predappio e 2 a Fiumana) e questi non ebbero poi alcun ruolo di rilievo durante il regime. Il fascismo si affermò per imposizione esterna e non tanto degli altri fasci emiliano-romagnoli, che si limitarono a qualche spedizione punitiva, ma grazie all’opera dei Commissari prefettizi. In sostanza a Predappio è lo Stato autoritario che crea il Fascio locale e non viceversa. Nelle elezioni del 1924 l’unico discorso di un locale a sostegno del “listone fascista” riportato dal giornale è quello del segretario comunale Nicola Emiliani, peraltro a quel tempo non ancora iscritto al PNF. Di altri discorsi tenuti da rappresentanti locali del Fascio nel giornale nel corso del “Ventennio”non si troverà mai traccia, tranne qualche relazione amministrativa del Podestà.
Questa genesi determinerà le caratteristiche del Fascio locale che avrà un'impronta molto istituzionale ed amministrativa, oppure famigliare. Un ruolo importante sarà svolto, infatti, dai parenti di Donna Rachele. Non vi furono molti mutamenti nel corso del Ventennio: il Podestà Pietro Baccanelli rimarrà in tale ruolo per tutto il periodo, il segretario del Fascio sarà per lungo tempo Aurelio Moschi (cognato di Donna Rachele), la consorte sarà la responsabile delle "massaie rurali"ed infine il figlio responsabile locale dell’Opera Nazionale Dopolavoro. Il segretario del Fascio di Predappio Alta sarà Alcide Mussolini, divenuto nel frattempo “cavaliere”. Dopo la sua scomparsa l’incarico sarà ricoperto dal Podestà Pietro Baccanelli: evidentemente quel Fascio soffriva di una forte carenza di quadri.
Specialmente negli anni ’20 la vita nel fascismo forlivese fu convulsa e agitata da lotte intestine. Sul “Popolo di Romagna” si riportano spesso notizie di sospensioni ed espulsioni e cambio dei dirigenti, arrivano come commissari straordinari per normalizzare la situazione, personalità del calibro di Italo Balbo, Leandro Arpinati e Carlo Scorza, ma una relativa stabilità sarà raggiunta solo a metà degli anni trenta. Il Fascio di Predappio fa eccezione è tranquillo. Sul Popolo di Romagna, nel 1923, si riporta una sola espulsione per indegnità e la sospensione per tre mesi di un altro iscritto per indisciplina. Poi bisognerà aspettare l’inizio degli anni ‘30 per trovare notizia di altri provvedimenti disciplinari contro qualche iscritto al Fascio di San Savino. Fiumana mostra invece una vita del Fascio già più agitata. In un’indagine sulla Federazione del PNF forlivese, commissionata nel 1931 da Mussolini ai Carabinieri, fatto di per sé già alquanto significativo, la situazione nei fasci della provincia è ancora alquanto rissosa e problematica, i Fasci di Predappio e Predappio Alta risultano i più tranquilli ed elogiati dell’intera provincia.
I dirigenti fascisti di Predappio appaiono essenzialmente sul giornale come contorno alle cerimonie che vi si svolgono; talvolta si menziona la presenza del Podestà, quasi mai si menziona quella del segretario locale del Partito, mentre un ampio rilievo è dato alle “massaie rurali”, incaricate di presenziare all’arrivo delle varie delegazioni che visitano in paese. Il giornale riporta anche numerose foto di tali massaie nel loro costume di scena di stile ottocentesco. Ciò perché Predappio deve rappresentare anche il mito dell’Italia proletaria e rurale che, semplice e frugale, si contrappone alla crescente urbanizzazione ed ai cittadini “borghesi e decadenti”. Predappio Nuova ed i suoi abitanti svolgono un ruolo di cornice, di necessario supporto ai riti di pellegrinaggio organizzati dal regime. L’adesione al Fascio dei predappiesi non sorse dallo scontro politico, da adesioni ideologiche, ma dall’adeguamento dei suoi cittadini alla nuova situazione. A Predappio non si determinarono quindi odi profondi a livello personale, come accadde in altre zone. Nelle testimonianze più avanti riportate vi è un solo personaggio locale che fa eccezione ed è oggetto di forte contrasto, anche a distanza di tanto tempo. Appare come l’unico che fedele fino in fondo al fascismo, “un combattente integrale” in un paese privo di eroi e martiri fascisti: non ve ne furono durante l’ascesa, né durante il regime nelle guerre d’Africa e di Spagna e,da parte fascista, nemmeno durante la Resistenza. Le vittime della seconda guerra mondiale che abbiamo trovato menzionate sono soldati, civili e partigiani. Questa genesi e natura del fascismo di Predappio spiega la scarsa “presa” che ebbe la R.S.I. nel paese. Il podestà Baccanelli, che era l’unico “uomo forte del regime” si ritirò indisturbato nella sua tenuta. L’unico atto amministrativo che lo riguarda durante la R.S.I. è la delibera del Commissario prefettizio del 31/12/1943 che accoglie la sua richiesta di rimborso della “somma spesa di lire 1600 sostenute per la confezione di n. 6 album contenenti le foto dei genitori del duce donate poi a personalità” avvenuta nel periodo in cui era ancora il Podestà. Ritroviamo Baccanelli anche in una delibera della Giunta Ferlini dopo la Liberazione, quando cede a noleggio la sua moto al comune da destinarsi ai Regi Carabinieri che sono privi di mezzi di trasporto. La delibera fissa la spesa per la riparazione del mezzo, ma precisa di “riservare le spese di noleggio a fine servizio” senza definirne l’ammontare. Non sappiamo poi se l’affitto gli sia stato corrisposto.
Il vecchio segretario del Fascio locale non viene mai menzionato dopo l’8 settembre, né dal giornale, né dall’amministrazione e neppure nelle testimonianze raccolte. Per il periodo precedente viene generalmente ricordato in modo benevolo, come brava persona, anche dagli avversari. Più che per l’aspetto politico è ricordato per quello amministrativo: “era quello che dava le tessere e vendeva le divise da balilla. Se avevi difficoltà economiche dilazionava i pagamenti e ci si rivolgeva a lui per qualche raccomandazione per il filo diretto che aveva con la cognata Donna Rachele. Padre Vittorino, che non era un'espressione del Fascio, ma che era in ogni modo un elemento importante del Regime nella Predappio Nuova, si troverà addirittura in urto con il Fascio Repubblicano e scriverà che era guidato da "due o tre elementi loschi a capo della locale “Brigata nera”, che aveva preso il dominio incontrollato della situazione".
Per la verità, se consideriamo i nati a Predappio, troviamo una personalità di fama ed importanza nazionale per il fascismo: Pino Romualdi. (1913 -1988). Per un breve periodo fu nel 1940 direttore del “Popolo di Romagna”, diverrà Federale del Partito Fascista Repubblicano della Provincia di Forlì nella fase iniziale della RSI, per divenire poi vice segretario nazionale e nel dopoguerra fondatore e dirigente del MSI. Nacque a Predappio tuttavia non ebbe alcun ruolo diretto nelle vicende del suo paese di nascita.
In conclusione, l’adesione al fascismo a Predappio fu dovuta all'adeguamento “alla nuova realtà di fatto” del Regime per coglierne le opportunità, tanto più che il paese venne a trovarsi in una situazione privilegiata: per le opere che vi si costruivano, per il lavoro che non mancava, beninteso se non ci s'intestardiva nell’antifascismo e per i finanziamenti che arrivavano copiosi e che spesso erano distribuiti ad personam e presentati come erogati direttamente dalla generosità del Duce o della consorte, quando nella realtà erano sussidi pubblici. A questo occorreva aggiungere la soddisfazione di essere stati catapultati da paese sconosciuto al “centro del mondo”, alla "nuova Betlemme che aveva dato i natali all’Uomo della Provvidenza Divina, che aveva redento la patria".
Con la guerra tutto cambiò e la “realtà di fatto” della RSI era totalmente diversa.
I pellegrinaggi
( omissis)
L' antifascismo durante il ventennio
Abbiamo già fatto notare che quanto detto sinora vale principalmente per l’abitato di Predappio Nuova mentre la realtà della restante parte del territorio era diversa. Nelle campagne il fascismo non incise molto e possiamo affermare che fu un fenomeno prettamente cittadino. Ciò non solo perché contadini, mezzadri o coltivatori diretti, erano più isolati e difficili da coinvolgere, ma perché il regime non rappresentò un miglioramento delle loro condizioni sociali e in particolare il mezzadro si vide costretto a quel patto agrario semi feudale che era ormai anacronistico. Le conquiste per i più vantaggiosi patti agrari che aveva strappato durante il “biennio rosso” degli anni 1919 e 1920 gli furono portate via e nei comuni tornarono al potere i possidenti di un tempo. Molti podestà provenivano, infatti, dalla classe dei possidenti che avevano governato i comuni all’epoca liberale, prima che in molti comuni fossero scalzati dai sindaci socialisti. A Predappio Baccanelli era uno di loro e nella prima giunta fascista ricomparve il già menzionato Ulisse Zoli. Se andiamo ad esaminare la composizione dei partigiani notiamo, infatti, che la presenza dei mezzadri e dei braccianti è assai numerosa e lo è particolarmente a Predappio, mentre è esigua la componente della piccola borghesia cittadina, Di possidenti nella Resistenza Romagnola nemmeno parlane: solo 14 su circa 6640 nomi si definiscono tali. Nonostante la retorica dell'Italia rurale e proletaria il fascismo fu un fenomeno principalmente della piccola e media borghesia urbana e dei possidenti agrari.
Riguardo all'antifascismo nelle campagne abbiamo trovato questo episodio. Il 24 marzo 1926 furono denunciati sei giovani di Porcentico dal Sindaco fascista di Civitella di Romagna Giuseppe Dianini con l’accusa di essersi trovati ad una festa da ballo durante la quale avevano cantato Bandiera rossa e si erano dati ad inneggiare al socialismo e a maledire il fascismo. Non si sa della sorte dei sei giovani; non furono deferiti al Tribunale Speciale perché esso sarebbe stato istituito solo il 25 novembre 1926. Può meravigliare che la denuncia fosse fatta dal Sindaco (poi sarà chiamato Podestà) di Civitella quando Porcentico era ormai da tre anni sotto l’amministrazione di Predappio, ma probabilmente egli era bene informato perché come assessore aveva in Giunta Antonio Rossi che era il proprietario di gran parte dei poderi di quella frazione. Porcentico comunque rimase sempre ostile al fascismo e durante la Resistenza fu duramente punita per questa “colpa” con la strage perpetrata il 23 agosto 1944.
Per i benefici economici ricevuti, per il fatto di essere ascesi a fama nazionale, per il controllo sociale, ancor prima che politico e poliziesco, tutto porta a pensare che Predappio, perlomeno il capoluogo, dovesse essere il paese più fascista d'Italia, senza voci dissonanti. La vera sorpresa è che così non fu, l'antifascismo non fu sradicato nemmeno a Predappio Nuova. Non fu sradicato nella coscienza di molti che rimasero fedeli ai propri principi ed ideali, anche quando per la necessità del vivere dovettero formalmente adeguarsi, anche quando si sentivano ripetere che quegli ideali erano sorpassati e sepolti dalla storia, che il mondo era andato avanti, era cambiato e non ci si poteva attardare nelle illusioni di fine ottocento come erano gli ideali di democrazia, libertà e socialismo, tanto più che ciò creava disagi materiali e discriminazioni alla famiglia, in quanto l’adesione al fascismo era condizione necessaria non solo per fare carriera, ma anche per lavorare. Ma l'antifascismo non fu solo il sentimento di una minoranza che non rinunciava alla propria idea e dignità anche a costo di essere discriminata, fu anche un impegno politico attivo. Nel 1930 a Dovia cioè Predappio Nuova fu scoperta una cellula comunista che portò all'arresto e alla condanna di Quinto Bartoli e Alfredo Guardigli. Da menzionare è anche il socialista Donato Boattini di Predappio Alta, arrestato nel 1938 e condannato al confino.
Nell'ambito dell'antifascismo va ricordato anche Adone Zoli, di Predappio, anche se per anagrafe nacque a Cesena nel 1887 e divenne toscano d'adozione. Nel 1907 si laureò in Legge ed esercitò l'avvocatura prima a Genova, poi a Bologna e, infine, a Firenze. Adone Zoli, tuttavia, può essere considerato un predappiese, anche se visse altrove. La sua famiglia di possidenti e notabili era molto importante a Predappio e, a parte il menzionato Ulisse Zoli, non aderì mai al fascismo. Adone Zoli combatté con valore nella prima guerra mondiale meritando tre decorazioni. Nel dopoguerra aderì al Partito Popolare e partecipò a vari Congressi e nel 1921 entrò a far parte del Comitato centrale del partito di Don Sturzo.
Nel 1943 non esitò ad aderire alla Resistenza e rappresentò la Democrazia Cristiana nel CLN toscano. Per la sua attività antifascista fu arrestato a Firenze con due dei suoi figli e venne incarcerato a "Villa Triste", luogo di detenzione e tortura della famigerata Banda Carità. Processato e condannato a morte riuscì ad evitare la pena capitale e fu liberato dopo tre mesi di prigione. Nel febbraio del 1944 per poco riuscì ad evitare che i nazifascisti lo catturassero un'altra volta.
Dopo la Liberazione di Firenze (11 agosto 1944), fu nominato Vice Sindaco del capoluogo toscano e divenne uno degli esponenti più in vista della DC.
Non venne mai meno al suo antifascismo, come dimostrò nel 1957 quando si dimise da Presidente del Consiglio, rifiutando i voti determinanti del Movimento Sociale Italiano. Ciò non gli impedì tuttavia di adoperarsi perché i resti di Benito Mussolini fossero restituiti alla famiglia per la sepoltura nel cimitero di San Cassiano. In quell'occasione chiese l’opinione al Sindaco di Predappio, il comunista Egidio Proli, il quale rispose: “ Non ci ha fatto paura da vivo, non ce ne farà nemmeno da morto”. Adone Zoli è sepolto nella tomba di famiglia del cimitero di San Cassiano di Predappio.
Altra figura di rilievo nata a Predappio ed emigrata nel limitrofo Comune di Galeata è Aldo (Dino) Palareti (1909 – 1944. Medaglia d'argento al valor militare. Professione sarto, coniugato con un figlio. Iscritto al P.C.I. clandestino dal 1935. Partigiano dell’8a Brigata Garibaldi “Romagna” dal 10/09/1943 al 23/04/1944. La sua abitazione era punto di riferimento per il materiale e gli uomini che dovevano raggiungere la brigata partigiana in via di organizzazione. Nel febbraio 1944, dopo l’assalto alla locale caserma della GNR, gli fu impossibile continuare l’attività a Galeata e raggiunse la Brigata. Portandosi verso Galeata per sfuggire al grande rastrellamento d’aprile, venne catturato alle ore 2 del 23 aprile 1944 assieme a Libero Balzani, Luigi Bandini e Bruno Patrignani, in località Rio Secco. Dopo sevizie, fu fucilato nella stessa mattinata presso la cosiddetta “Fabbrica delle ginestre” senza alcun processo, nemmeno sommario, incolpato della morte dello squadrista Secondo Ghetti.

Partigiani della Vallata del Rabbi e dell' Alto Bidente riconoscibili Giuseppe ferlini e altri di Predappio. Diploma di Paolina Laghi nata a Predappio e la cui famiglia dovette emigrare dopo l'avvento del fascismo perchè non disposta a rinnegare i propri ideali socialisti.