Riportiamo un ricordo del maestro scritto da Silvano Coveri, un suo
allievo che ci ha gentilmente concesso, che tratteggia in modo mirabile ed
affettuoso la figura di Adler
CARO MAESTRO
Comunista
Con queste poche righe
voglio ricordare Adler Raffaelli, un grande uomo, un amico, il mio maestro.
Era il 1970 e i miei
genitori mi accompagnavano a scuola per il fatidico "primo giorno".
Erano mesi che sentivo chiedere:- Quanti anni hai? Bravo, fra un po' vai a
scuola. Non potevo certo immaginare cosa significasse, né tantomeno quanto mi
avrebbe positivamente segnato. Con chi è? Sentivo dire. Con Raffaelli. Un tipo
strano. Un partigiano. Un comunista, è stato anche deportato. In cinque anni ci
ha parlato tanto di guerra, di resistenza e altro, ma mai la parola "comunismo"
è uscita dalla sua bocca per motivi diversi da quelli di storia.
Esco di casa con il mio
bel grembiule e il nastro azzurro, come è lecito pensare per un maschietto come
me e cosa succede a scuola? Mi si dice che il nastro non va bene, ci vuole rosso.
Non finisce qui, il rosa delle femminucce diventa blu e qui i genitori non
capiscono più niente. Va là, ti sarai sbagliato, non hai capito. Hai pure detto
che oggi hai imparato "A" di
"BANDIERA", ti
sarai sbagliato. L'indomani torno a
scuola con il mio bel fiocchetto blu, ma a differenza di A di BANDIERA,
sul nastro non mi ero proprio sbagliato! Proprio rosso lo voleva Che tipo strano
doveva essere.
Non ho mai visto uno meno
strano di lui.
Orto
Una mattina si presenta a
scuola munito di vanga e zappa e dice:- Dovete imparare ad amare la natura, il
sole, il cielo, la terra. Cominciamo ad amare la terra, a lavorare la terra.
Facciamo un orto! Un orto??? E dove?
Chiaro, risponde, nel
giardino...
Il giardino della scuola a
quei tempi era un tempio inviolato ed il pensiero che un'orda di mocciosi
impuniti, e perlopiù armati di arnesi affilati e pericolosi potesse
calpestarlo, metteva i brividi alla direzione.
Così mentre gli alunni
"normali " o pseudo tali marcivano più o meno allegramente nelle
anguste aule di scuola, noi sudavamo le proverbiali sette camice con l'intento
di rendere fertile quel lembo di terra che il maestro aveva strappato non tanto
alla natura, quanto al "palazzo".
Ogni raccolta era seguita
da una mega lotteria ed il fortunato portava a casa ortaggi vari e contribuiva
così al mantenimento della famiglia. Credo di non avere mai vinto in cinque
anni nemmeno una cipolla, ma ho imparato cosa si può gettare a terra e cosa no,
cosa è la biodegradabilità, cosa che molti della mia età non sanno ancora.
Grazie anche per questo
maestro.
Campagna - Gite
Domattina scarpe comode.
Perché comode? Perché si camminerà molto. Dobbiamo andare dal pastore a veder
mungere le mucche. E' molto importante.
Partiamo in fila per due
sotto lo sguardo attonito dei colleghi, nostri e del maestro strano,e ci
allontaniamo verso la campagna. Che sete, che vesciche, che spettacolo. Fu la
prima di innumerevoli uscite che hanno indelebilmente legato coloro che hanno
avuto la fortuna di parteciparvi. Tutto ciò che avevamo veniva diviso in parti
uguali, fino alla plateale ma carica di significati "spremitura della
arancia", a bocca aperta e rigorosamente in fila. Grande maestro.
Questa serie di
scampagnate culmina nella più lunga e dura di tutte. La destinazione era il
podere Sibe di sotto, non so se esiste ancora, situato sul crinale del monte
delle forche, versante di Galeata. Credo che il maestro sia vissuto lì per un
periodo di tempo. Il posto era selvaggio, affascinante, pieno di insidie per
una scolaresca elementare. Abbiamo riordinato la casa, fatto legna, mangiato,
giocato. Giornata indimenticabile.
Altro tipo di gite erano
quelle organizzate e con la presenza di genitori e pullman. Tutti itinerari
interessanti che negli anni sono tornato a ripercorrere con malinconia. Dozza e
i suoi murales, S. Leo, Gradara, Venezia ecc.
Altro tipo di gite erano
quelle rivolte al mondo del lavoro, cartiere, laboratori, cantieri industriali.
Particolare fu la visita, chiaramente guidata, alla Mangelli, seguita dallo
svolgimento di un tema che ancora conservo, "uomini ferro e fuoco".
Solo a pensarla una cosa del genere. Portare i nani alla Mangelli.
Campi di concentramento
A volte le lezioni
prendevano pieghe particolari. Il maestro leggeva libri strani. Parlavano di
morte, di guerre, di persone che venivano portate via. Anche da casa, dalle
proprie famiglie, rinchiusi e stipati in mezzi di locomozione vari e scaricati
come immondizia in posti gelidi e senza mangiare. Quei posti li chiamava lager.
Ma sarà vero? Che storie
sono queste mi chiedevo... Che fantasia ha il mio maestro. Quando però i libri
parlavano anche di lui, l'atmosfera diventava pesante e si capiva che non
scherzava affatto, e che la realtà era più incredibile della fantasia. Il
nostro maestro era parte integrante di quei racconti, così come lo erano tutti
quei poveri Cristi, molti amici suoi, deportati come lui, ma meno fortunati.
Non l'hanno mai potuto raccontare.
Una volta nella nostra
classe venne persino la "televisione " ad intervistarlo. Grande!
Pagelle
E' il momento dei voti,
delle pagelle, dei colloqui con i genitori. I miei vedevano che a casa non
"lavoravo" tanto e quindi un poco preoccupati chiedevano:- Maestro,
come va Silvano? Eh Silvano, rispondeva, valido, coraggioso, generoso! Generoso???
Sì, generoso, forte, pieno di sentimenti. Sì sì, va bene, ma come se la cava
con i libri? E lui, finalmente, prendendomi sotto il suo braccio (sembrava una
montagna) e stringendomi a lui, a pugni stretti ripeteva, generoso, coraggioso
Buonanotte! ! !
Il bello è che questi
giudizi si sono ripetuti nell'arco del quinquennio e così i miei non hanno mai
saputo come andavo a scuola. Ora a distanza più di trent'anni Adler non sembra
più una montagna, anzi è piuttosto piccolo, (fisicamente si intende), ma il suo
giudizio nei miei confronti è rimasto lo stesso. Buono, generoso.
Adesso ho capito. Non sono
mai stato un intelligentone !
Dialetto
C'è un'altra cosa che lui
amava molto. Il dialetto romagnolo. Il dialetto diceva, nasconde le nostre
origini, va conservato. A volte si rivolgeva a noi in quel modo e ci spiegava
come erano nati certi vocaboli, certi cognomi ecc. Un anno, non ricordo quale,
organizzo persino una commedia dialettale, con attori noi bambini, che si
svolse in palestra con la presenza dei genitori e delle autorità paesane. Io
dovevo dire alcune frasi, una delle quali era sicuramente questa:- Al sò al sò Armando, u ml'ha det e mi
fradèl! Non era un gran che, ma bastava a farmi sentire importante.
Poi c'era l'insegnamento
di canzoni contadine che hanno fatto la storia delle nostre famiglie, sempre
accompagnate da lui con una grossa fisarmonica.
Bicicletta
Una mattina di inverno non
c'era la sua auto in cortile e tutti ci chiedemmo come mai. Semplice, era
venuto a scuola in bicicletta. Adler amava la bicicletta, così come ama tutte
le cose semplici. Poi un'altra mattina non c'erano né auto né bicicletta, e qui
la cosa diventava seria, era venuto a piedi Si alzava alle 4 e dalla Cava
veniva a Predappio fischiettando... ... Fenomenale.
Bisogna riflettere,
riscoprire certi valori, diceva. Aveva visto i campi di sterminio, una
passeggiata a piedi non poteva che essere una passeggiata.
Diario
Il compito per casa, per
la verità sempre leggero, era unito alla tenuta di un diario, nel quale
dovevamo scrivere quotidianamente le vicissitudini del giorno appena trascorso.
Il maestro poi lo correggeva amorevolmente. Credo fosse avanti anni luce in
fatto di insegnamento. Certo, non creava geni, ma contribuiva sicuramente alla
maturazione delle nostre personalità. Infatti, siamo tutti quanti legati in
modo indelebile a questa persona, che ha lottato contro tutti e
tutto, e che con le più svariate esperienze ci ha fatte conoscere da vicino il
mondo che ci circonda. Io, fortunatamente, continuo ancora a frequentarlo. Ha
più di ottanta anni vive con la moglie Silvana che lo accudisce amorevolmente.
Ha problemi fisici e più che disperarsi si scusa con il prossimo e quasi se ne
vergogna. "- Questa malattia mi sta
sconfiggendo, abbattendo, umiliando".
Non è vero caro Adler,
nessuno può farti questo. Non ci sono riusciti nemmeno i tedeschi.
Tu sei grande, parte di te
è in tutti noi, sarai grande per sempre
Silvano
Coveri
Predappio: cerimonia che ha intitolato ad Adler Raffaelli l'orto dei bambini
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