RICORDI
DI MILITANZA: IL "POLIT-SBURÒN"
(Forlì - Festival dell' Unità 1977. Foto di gruppo nella serata conclusiva allo stand pesca-lotteria gestito dalla FGCI).
I Festival
erano un evento fondamentale della vita politica, lo era in particolar modo il
Festival Provinciale dell’Unità. Avevano una vitalità propria indubbia, tanto
che hanno resistito meglio di altre “istituzioni” della sinistra, certo sono
calati di numero e di tono, ma comunque hanno resistito meglio dei Circoli e
Case del Popolo e molto meglio delle sezioni politiche, che oggi sono anch’esse
chiamate circoli per dare l’idea, falsa, che ormai i pochi attivisti contino di
più.
Ancor oggi
nell’organizzazione dei festival “ritornano fuori” militanti che per tutto
l’anno non hanno fatto alcuna attività politica Là dove i festival non si fanno
più alcuni dei vecchi attivisti si sono riciclati nell’organizzare feste di
quartiere e sagre varie. Nell’organizzazione dei festival si raggiunge il
massimo della militanza il massimo della mobilitazione della popolazione, a
parte le elezioni.
Eravamo molto
orgogliosi dei nostri Festival. L’impegno era snervante e defatigante, ma anche
gratificante.
Nei festival
degli anni ’70 le “basi “erano già composte da cappelletti ed orchestre,
tuttavia non ne erano gli ingredienti pressoché esclusivi come ai giorni d’oggi,
allora si cercava sempre di dare un’impronta politica e talvolta di aggiungere
qualcosa di culturale. Non mancavano mai i tabelloni con slogan, lo stand del
libro si cercava di metterlo anche nelle piccole feste di campagna, qualche
dibattito e comizio. Un pochino si cercava di variare anche lo spettacolo oltre
al solito liscio. Ciò era più facile farlo al Festival provinciale, in cui si
chiamavano cantanti di grido, oppure si organizzavano serate con gli Inti
Illimani o altri cantanti politicamente impegnati ed anche con i cori e i
balletti folcloristici di qualche regione sovietica. Questi ultimi erano
decisamente pallosi, ma noi cercavamo di convincere noi stessi e gli altri che
erano proprio interessanti e nel profondo del nostro pensiero ci vergognavamo
un po’ perché non riuscivamo a cogliere tutta
la magnificenza e il valore culturale dello spettacolo.
Nel festival
provinciale la FGCI
aveva in gestione la pesca-lotteria che a quei tempi tirava tantissimo, ma
richiedeva parecchio lavoro nel prepararla. Il montaggio del festival era un
lavoro impegnativo, vi erano meno attrezzature rispetto al giorno d’oggi, molti
stand bisognava costruirli ogni volta totalmente partendo da una struttura in
tubi innocenti. Si lavorava d’estate sotto il sole battente, fra la polvere ed
il sudore. Durante la giornata si era relativamente in pochi: vi erano i
funzionari, i pensionati, qualche ragazzo, e qualcuno che si era preso qualche
giorno di ferie da dedicare alla festa comunista. Verso sera le presenze
aumentavano considerevolmente, il festival in montaggio si animava, arrivavano
i compagni lavoratori spesso accompagnati dai famigliari. Al sabato, ed anche
alla domenica mattina, il lavoro ferveva per tutto il giorno. L’attività era frenetica,
c’era sempre qualche inconveniente, i ritardi nell’arrivo dei materiali e gli
attrezzi che non si trovavano, di bello c’era l’affidabilità dei compagni, se
uno si prendeva un impegno lo manteneva anche andando oltre a quanto promesso. Ogni
volta c’era la paura di non essere pronti per l’apertura. Poi al momento
fatidico tutto era a posto.
Durante il
montaggio dei festival provinciali, che allora si svolgevano presso il
Polisportivo Morgagni, alla sera, verso l’imbrunire, quando l’aria si
rinfrescava si poteva assistere anche alla passeggiata di un gruppetto di
compagni, non erano tanti per la verità, un paio erano dei congiunti a qualche
dirigente, ma al di là delle parentele e dei ruoli che ricoprivano nel partito,
questi si ritenevano importanti e forse in qualche modo lo erano veramente, almeno
in pectore perché poi hanno fatto carriera, anche se non nel Partito. La
passeggiata avveniva sempre in gruppo, passo lento, tranquillo, sicuri di sé, come
se fossero in una tranquilla oasi di pace Emanavano freschezza, profumo e
serenità pur essendo immersi in un mare di compagni stanchi, sudati,
impolverati, agitati, ed indaffarati che parlavano ad alta voce per farsi
sentire e di tanto in tanto si lasciano andare dal proferire “Madonne che
bruciavano l’aria”.
Passavano e si
probabilmente si gustavano il festival che cresceva e si sentivano orgogliosi
di appartenere ad un partito che riusciva realizzare tutto ciò, forse si
sentivano una sorte di elite intellettuale di quei militanti operosi, molto
bravi, ma per la verità un po’ semplici e rozzi. Siccome il festival era su una
base lineare, alla passeggiata si assisteva due volte: all’andata e ritorno
quando era già buio pesto e si lavorava alla luce dei fari.
Almeno ai
giovani della FGCI, 'stì compagni stavano sulle scatole, non lo si diceva troppo
apertamente, ma era così. Il rimprovero verteva essenzialmente sul fatto che
mentre noi “ci facevamo un culo così” loro si facevano la “vasca” su e giù, che
dessero almeno una mano, non necessariamente nei lavori manuali, vi erano anche
tanti lavori di concetto necessari, talvolta quando si era particolarmente di
malumore qualcuno azzardava un mugugno“gli
darei un piccone a quelli lì …”. La gran parte dei compagni trascurava, la
famiglia, il tempo libero, la scuola, gli affetti per la causa e loro su e giù
tranquilli e beati.
Passato il
momento critico dell’impegno, però ci si dimenticava tutto, si concedevano
attenuanti ai compagni passeggiatori, ci si diceva che non lavoravano al
festival ma forse intanto studiavano per servire la causa comune, poi il
Partito era grande; il partito era composto dai suoi attivisti e dai suoi
studiosi ed avrebbe connesso il tutto in modo utile ed armonico. Per il gruppo
dei passeggiatori coniai la definizione di “polit-sburòn”, agganciando la
tradizione terzointernazionalista a quella romagnola.
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