Ricordi delle feste di Natale nella mia infanzia in ambiente contadino Montanaro
NATALE E BEFANA
Dal mio libro "Poi venne la fiumana"
Natale (Nadêl) era la festa più sentita, era la festa
della famiglia, nessuno poteva mancare. Era la festa del ben mangiare, quel
giorno non si lesinava. Il brodo di cappone ed i cappelletti erano la base
irrinunciabile del pranzo. Si andava naturalmente a messa anche da parte di chi
non vi andava molto spesso, era anche un'occasione per vedere tutti i
parrocchiani, compresi quelli che si vedevano di rado perché abitavano lontano.
Non ricordo i regali di Natale, anche se quel giorno si rinnovava qualcosa dell’abbigliamento,
ma noi bambini non interpretavamo il cappottino o le scarpe nuove come regali,
non ci importava come vestivamo, un regalo per essere tale doveva essere un
gioco o un dolciume; allora non era Gesù Bambino a “portare i regali” (come si
dice al giorno d’oggi) ma la
Befana.
C’era invece
l’usanza di preparare una letterina, si faceva a scuola, con un disegno
natalizio a cui spesso venivano aggiunti brillantini o altri ornamenti, si
metteva una frase di circostanza piena di buone intenzioni, (spesso era
suggerita dalla maestra), rivolta al padre e la si metteva sotto il suo piatto.
Il padre era in dovere di pagare con moneta sonante le promesse ricevute.
Durante il
pranzo i bambini recitavano poesie e filastrocche sul tema natalizio del tipo:
“Tutti vanno alla capanna, per vedere
cosa c’è. C’è un bambin che fa la nanna, nelle braccia della mamma. Se ci
avessi un vestitino, lo darei a quel bambino, il vestitino non ce l’ho e il mio
cuore ci darò” (l’impegno assunto non era poi tanto gravoso). In genere ci
si accontentava della recita del bambino più piccolo che fosse in grado di
declamarla, io me ne sono risparmiate parecchie perché era Maria Paola la più
piccola, la qual cosa non mi dispiaceva: le filastrocche natalizie mi
sembravano più roba da femmine. ( ...) L’albero di Natale non si faceva, il
presepe in qualche casa, in ogni caso si andava ad ammirare quello della
chiesa. Ricordo che un anno si discusse parecchio sul fatto che il prete di
Cusercoli ci aveva messo anche il trenino, io invece non capivo perché il Santo
Bambino era tenuto seminudo “al freddo e al gelo”, mentre gli altri
protagonisti erano tutti ben vestiti da capo a piedi.
La Befana (Biféna) era attesa con ansia dai bambini, era la
loro festa. La festa cominciava la sera col giro dei befanotti (o pasqualotti)
che si disponevano fuori dalla casa ed accompagnati dalla fisarmonica
cominciavano a cantare gli stornelli costruiti su uno schema base cui si
apportavano numerose varianti e si concludeva con la richiesta di entrare in
casa, esaudita dopo un po'. Uno di loro era vestito da Befana (credo tuttavia
che la presenza della Befana sia un'aggiunta piuttosto recente ed incongrua),
gli altri erano vestiti con la tradizionale capparella romagnola. Mangiavano e
bevevano qualcosa, cantavano ancora qualche stornello magari personalizzato,
mentre la Befana
dava caramelle e dolcetti ai bambini ed infine si spostavano nella casa
successiva. A casa nostra la
Befana, quella della calza, era nostro padre. Fare la Befana ai bambini era
compito suo, nessuno si doveva intromettere, lui aveva una vera passione che è
continuata con i nipoti fino alla fine della sua esistenza. Forse ciò derivava
dal fatto che, essendo un bambino orfano, la Befana non la ricevette mai. Alla sera ci mandava
a letto relativamente presto dicendoci che se la Befana passava mentre
eravamo ancora svegli non ci lasciava nulla. Attaccavamo i calzettoni al camino
(i più grandi che si trovavano per casa); le befane di Luisìn erano
riconoscibili: mischiava mandarini, fichi secchi, caramelle, cioccolatini,
lupini, carrube (oggi introvabili e considerate buone solo per i cavalli, ma
allora considerate alla stregua di dolciumi) a vero carbone, aglio, cipolla,
patate ed altre cose non gradite. Ogni oggetto era accuratamente incartato in modo
che bisognasse "impazzire" per scoprire il contenuto. Luisìn la
mattina voleva assistere all'apertura della calza, se dormivamo troppo tempo ci
svegliava. La "befana" durava parecchi giorni, era centellinata, e
talvolta si litigava con i fratelli sospettando la sparizione e il furto di
qualche pezzo.
POESIE DI NATALE
dal mio libro "C'era una volta ... anzi appena ieri"
LA CAPANNA
Tutti
vanno alla capanna,
per
vedere cosa c’è.
C’è
un bambin che fa nanna
nelle
braccia della mamma.
Oh!
Se ci avessi un vestitino
lo
darei a quel bambino!
Il
vestitino non ce l'ho,
tutto
il mio cuore gli darò!
LA NOTTE DI NATALE
La
notte di Natale
è
nato un bel bambino
bianco,
rosso e ricciolino.
Maria
lavava,
Giuseppe
stendeva
e
il bimbo piangeva
che
latte voleva
Non
pianger, mio figlio
che
adesso ti piglio;
pane
non ho
ma
latte ti do.
La
neve sui monti
cadeva
dal cielo
e
Maria col suo velo
copriva
Gesù.
LA MIA MAMMA PER NATALE
La
mi mama per Nadêl
La
m’à prumess e’pân speziêl,
di
zucarén e dal zambëli
e
tânt ètar ròbi bëli.
La
mi à prumess a cundiziòn
Ch’impares
un bël sarmòn.
Tota
nòta a l’ho sugnè
Stamaténa
am sò alzè
e
sarmòn a l’ho imparè.
A j
ò det e mi sarmunzén
mama,
mama dam i zucarèn.
Traduzione:
La
mia mamma per Natale
mi
ha promesso il pan speziale
zuccherini
e ciambelle
e
tante altre cose belle.
Mi
ha promesso a condizione
che
imparassi un bel sermone.
Tutta
la notte l’ho sognato,
stamattina
mi sono alzato
il
sermone l’ho imparato.
Ho
detto il mio sermoncino
Mamma,
mamma dammi lo zuccherino.
QUESTA NOTTE A MEZZANOTTE
Sta
nota a mezanòt,
un’ora
préma de bòt,
l’è
nêd un Babinèl,
tra
e bò e sumarel.
Con
e su respir il schelda,
San
Jusèf l’è le cu guêrda;
la
su mama lal fàşa,
la
i strènz i su pidin
Gesù
mio, che bel mimin!
A
l’è d’intòran, tôt fa ligria,
tôt
j adòra e Babinèl;
i
pastùr i sona la piva,
la
piva e ancora e i pivén,
i
fa ligrèza a e’bel Bambén.
È
sarmòn a l’ho finì:
mama,
dasi un bajòch,
o
dasimân du, se un uv pè tròp!
Traduzione
Stanotte
a mezzanotte
un’ora
prima del “botto” (l’una)
è
nato un Bambinello
tra
il bue e l’asinello.
Con
il loro respiro lo riscaldano,
San
Giuseppe è lì che lo guarda, la sua mamma lo fascia
gli
stringe i suoi piedini:
Gesù
mio, che bel Bambino.
Lì
intorno, tutti fanno festa,
tutti
adorano il Bambinello,
i
pastori suonano la piva
la
piva e lo zuffolino
fanno
festa al bel Bambino.
Il
sermone l’ho finito
Mamma
datemi un baiocco
o
datemene due, se uno vi sembra troppo.
LA BEFANA
La
Befana vien di notte,
con
le scarpe tutte rotte,
col
vestito alla romana.
Viva,
viva la Befana!
Una versione più completa recitava:
La
Befana vien di notte
con
le scarpe tutte rotte,
con
la cuffia e la sottana
viva
viva la Befana!
Con
la cuffia rossa e blu
fichi
e noci butta giù
e
riempie la calzina
Mò!
Che brava la Befanina.
NINNA NANNA, NINNA OH
Ninna
nanna, ninna oh
questo
bimbo a chi lo do?
Se
lo do alla befana
se
lo tiene una settimana.
Se
lo do all'uomo nero,
se
lo tiene un anno intero.
Se
lo do all’uomo bianco,
se
lo tiene tanto tanto.
Ma
lo do alla sua mamma
Il "libricino" della scuola di Chiantra è pubblicaato integralmente nel libro "C'era una volta ... anzi appena ieri"
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