Dal libro: Poi venne la Fiumana di Palmiro Capacci
Ero
andato “a parenti”, da mia sorella Colomba che si era sposata da
poco stabilendosi in un podere a Ravaldino in Monte. I miei genitori
mi caricarono sulla corriera a Cusercoli raccomandando al bigliettaio
di farmi scendere alla Para e a me dissero di non muovermi da dove
ero, di aspettare perché sarebbero venuti a prendermi e cosi avvenne
dopo un po’ d’attesa. (Forse noi campagnoli non eravamo così
imbranati così come ci dipingevano. Oggi quale bambino di otto anni
farebbe altrettanto?)
Erano
quelli gli anni in cui la Romagna, (già “terra di Galli” prima
della conquista romana) si avviava a diventare la “terra dei
polli”, fino ad arrivare a produrre oltre un terzo dei polli da
carne dell’intera nazione. Il fenomeno fu particolarmente evidente
nella Valle del Bidente, chi aveva possibilità costruiva capannoni
utilizzando come pilastri di sostegno i pali in cemento dei filari
delle vigne, con pareti in mattoni bucati e tetto in eternit, chi
non aveva questa possibilità riempiva scantinati e capanne con
gabbie. A Galeata, anche a ridosso della chiesa romanica del Pantano
risalente al XIII, secolo fu costruito un capannoncino. Il fenomeno
era diffuso nel fondovalle fin dentro i paesi in quanto i poderi
posti in alto sulle colline erano inadatti perché carenti di strade
ed acqua. Per la prima volta nella storia le deiezioni che finora
erano state preziose per la concimazione dei campi divennero un
problema e spesso andavano a finire nel fiume.
Colomba
in quel periodo stava allevando cinquecento tacchini tenuti allo
stato semi brado in un campo recintato, oggi si definirebbe un
allevamento biologico. La curiosità era tanta, tanti tacchini
insieme non li avevo mai visti. Nelle case coloniche la tacchina
c’era sempre, raramente anche il maschio e talvolta qualche
tacchinotto in accrescimento. La tacchina serviva principalmente per
covare ed allevare la prole altrui, quella delle galline, perché era
madre affettuosa, covava contemporaneamente molte più uova, e
soprattutto era più forte ed aggressiva quindi più adatta a
difendere i pulcini dai vari pericoli: cani, gatti, falchi, bisce,
donnole e volpi.
Arrivato
sul posto vidi i tacchini in fondo al campo, mi avvicinai e constatai
che erano animali già piuttosto cresciuti, mi avvicinai ancora e
notai che cominciavano ad agitarsi; all’inizio non ci feci troppo
caso, anche i polli starnazzano sempre, poco dopo tutto il branco era
in subbuglio. Mi avvicinai ancora, mi aspettavo che scappassero come
sono soliti fare gli animali da cortile invece tennero la posizione,
anzi passarono al contrattacco e cominciarono ad avvicinarsi
lanciando all’unisono il loro grido di guerra che diventava sempre
più assordante. Indietreggiai un pochino ma loro continuarono ad
avanzare sempre più minacciosi. Affrettai la ritirata, ma anche loro
accelerarono il passo e vidi che le ali dello schieramento nemico si
allungavano pericolosamente ai miei fianchi, eseguendo una manovra a
tenaglia degna dei migliori strateghi militari, temetti
l’accerchiamento e mi diedi ad una precipitosa fuga (ritirata
strategica); i nemici si lanciarono alla carica, temetti di fare la
fine di Custer a Little Big Horn, anche se i pennuti erano diversi
erano comunque indigeni americani. Quando, come nei migliori film
western, arrivarono finalmente “ i nostri”, Colomba allarmata
dallo schiamazzo si era affacciata a guardare e vista la scena mi
corse incontro gridando: “Chêvat
la brèta! Chêvat la brèta”
(Togliti la berretta! Togliti la berretta!). In quel momento feci
mente locale: indossavo una berretta rossa e mi ricordai che il rosso
fa infuriare i tacchini (evidentemente perché sono esseri stupidi).
Me la tolsi e la misi in tasca. Velocemente i tacchini cominciarono a
rallentare la loro marcia, il loro rumoreggiare calò rapidamente di
tono. Soddisfatti di aver vinto, furono magnanimi, si accontentarono
della mia resa: il “maschio invadente” dalla testa rossa era
stato sconfitto ed umiliato. Dopo pochi giorni furono caricati sul
camion verso il loro destino, fine che avrebbero fatto comunque, ma
almeno una volta nella loro vita avevano mostrato di avere carattere
ed avevano conseguito una vittoria. Nonostante l’umiliante
sconfitta subita, col tempo ho cominciato ad apprezzare quegli
animali, pensai che se avevano saputo osare tanto i tacchini gli
umani non potevano essere da meno.
Ultimamente questa certezza è meno granitica.
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