ALCUNE NOTIZIE SU FIUMANA e su FIS CIN
(tratte dal libro “La foja de farfaraz)
Fiumana
fu sempre un piccolo comune. Dopo la caduta di Napoleone, con la
ricostruzione dello Stato Pontificio, continua a rimanere
strettamente legata a Forlì, nella Legazione Forlivese (una sorta di
Unione dei Comuni). Con la nascita del Regno d’Italia passa al
Mandamento di Meldola e nel 1866, conta 843 abitanti e comprende la
parrocchia di San Cristoforo con 15 case, 17 famiglie e 95 abitanti;
San Giovanni in Volpinara, con 4 case, 4 famiglie e 22 abitanti,
Santa Lucia in Bussano, con 8 case, 9 famiglie e 53 abitanti, Santa
Maria in Sadurano con 31 case, 38 famiglie e 230 abitanti, Santa
Maria in Fiumana con 55 case, 80 famiglie e 453 abitanti. Una
statistica del 1829 definisce le abitazioni di Fiumana: "poche".
Quelle di Predappio sono invece definite “orride”. L’unica
strada rotabile esistente è lunga solo 540 metri.
Fiumana
rimase sempre un piccolo comune. Nel 1925, quando fu incorporato al
Comune di Predappio, tranne il nucleo di Sadurano che fu assegnato a
Castrocaro, contava circa un migliaio d’abitanti.
(…)
Piazza del Municipio di Fiumana, fine '800
La
condizione sociale di Fiumana
Un quadro della condizione sociale dell’epoca
è ben descritto da Don Franco Zaghini per quanto riguarda la
parrocchia di Fiumana, nel suo interessante e documentato libro
“Fiumana, l’abbazia, il paese e la parrocchia”di cui riportiamo
il seguente stralcio:
“La
documentazione giunta fino a noi connota, per la zona di Fiumana, una
situazione economica e sociale ancorata alla terra senza grandi
prospettive di decollo industriale. Anche il commercio è molto
modesto: nella fiera che si svolge in paese nei primi mercoledì di
luglio e di agosto vengono trattati 32 fra bovini ed equini. Ancora
all’inizio del secolo le poche manifatture che possono essere
chiamate “industriali” consistono, secondo le statistiche
ufficiali, in tre telai per materie tessili i quali occupano il
personale per 120 giorni all’anno; un brillatoio di riso della
potenza di 4 cavalli che occupa tre operai e che lavora 300 quintali
di riso all’anno, un frantoio; un molino per cereali, con due
macine, che lavora 601 ettolitri di farine.
Tuttavia,
nonostante una troppo lenta modificazione delle strutture lavorative
e delle condizioni economiche, anche in questa vallata,sopratutto in
questa parte terminale e che ha grandi e profondi legami con la
pianura e la città, cominciano a risentirsi gli effetti dei
cambiamenti, ben più estesi e profondi, che stanno coinvolgendo la
società nel suo complesso. Nelle campagne poste a confino fra la
collina e la pianura, spinti dalla fame e dalla prospettiva di
migliori condizioni di vita, gli abitanti delle zone montane ne
aumentano celermente la popolazione, ma introducono novità di
rilievo dentro il tessuto sociale ormai formato da secoli. Altri
cambiamenti sono introdotti sopratutto ad opera della prima
meccanizzazione che coinvolge le famiglie contadine offrendo loro un
certo aumento del tenore di vita ma anche la sovrabbondanza di
braccia lavorative che devono emigrare alla periferia delle città in
cerca di lavoro spesso precario ed avventizio creando così quel
bracciantato che sarà determinate per lo sviluppo del movimento
operaio e per la crescita dei partiti popolari, soprattutto di quello
repubblicano e socialista. L’organizzazione dei braccianti, che
faceva capo alle Leghe operaie, ebbe anche a Fiumana la “Lega dei
contadini”. Una fonte del 1907 ci informa che a Fiumana sono
iscritti alla Lega 45 soci, che versano quote da venti centesimi.
Queste
modificazioni sociali cominciano ad essere evidenti già alla fine
degli anni ’80 del secolo XIX. Un accurato Stato d’anime ne offre
sufficiente testimonianza: parroco, medico, segretario comunale,
bidello comunale, 3 maestri, postino, 2 ostetriche, 4 possidenti, 5
fattori, macellaio, un brillatore di riso, 2 tessitrici, 2 sarti, 5
sarte, 2 fabbri, 5 falegnami, 3 mugnai, 2 ortolani, 3 bottegai, 2
garzoni, 7 calzolai, 7 birocciai, 13 servi, 22 muratori, 68
braccianti, 98 coloni, 176 casalinghe, 221 minorenni”.
In totale fanno 647 cittadini della parrocchia
di Fiumana, di gran lunga la più numerosa del comune, le altre
parrocchie erano di campagna, quindi dovremmo attenderci quasi
esclusivamente dei contadini, si tenga inoltre presente, come precisa
lo stesso Don Franco Zaghini in una nota a margine, che per minorenni
si intende quelli sotto i 14 anni, età in cui i ragazzi,
specialmente se contadini, lavoravano già da anni e che le
casalinghe sono per la grandissima parte contadine. Col termine
coloni si intendono i mezzadri, ma in questo caso è probabile che vi
siano compresi anche i coltivatori diretti, altrimenti avremmo una
concentrazione della intera proprietà terriera nelle mani di soli 4
possidenti, la qual cosa è improbabile.
Per quanto povera fosse la condizione sociale
di Fiumana era migliore rispetto al vicino Comune di Predappio, che
nonostante avesse allora quasi il quintuplo d'abitanti aveva solo il
doppio degli elettori, siccome allora il diritto di voto era
riservato a chi superava un determinato censo ciò è indice di una
più diffusa povertà di Predappio rispetto a Fiumana.
(…)
(…)
In
ricordo di Terenzio Mercatali (Fis-cin)
(22-04-1922
/ 10-01-2013)
Testimonianza
di Terenzio Mercatali (Fis-cin) dell'ottobre-novembre 2012
Il
ritratto di Mussolini nel cesso
La
militanza antifascista di Terenzio Mercatali, detto Fis-cin
(Fischietto), ha avuto un decisivo impulso il 24 luglio del ‘43, la
vigilia del giorno in cui Benito Mussolini sarebbe stato destituito
dal Gran Consiglio del Fascismo con tutte le drammatiche vicende
avvenute in seguito a tale scelta. Proprio quel giorno il ritratto di
B. Mussolini, che, appeso alla parete del reparto della fabbrica
“Caproni” di Predappio in cui Fis-cin lavorava, dominava sulla
testa degli operai, era finito miseramente nel cesso. La “Caproni”
di Predappio era una fabbrica di aeroplani che, considerando anche
gli occupati dell'Aeronautica Militare di Forlì e alla “Linea di
volo”, come allora erano detti gli aeroporti, di Forlì, dove gli
aerei erano assemblati, dava lavoro a circa millecinquecento persone.
Mercatali e un certo Tosi Nazareno, originario di Rimini, si erano
trovati casualmente in quei gabinetti quando la vigilanza della
fabbrica scoprì il fatto e loro furono incolpati di tale gesto, di
aver messo il quadro di B. Mussolini nel cesso. Allertati,
immediatamente arrivarono tre bersaglieri, l'arma militare
d'appartenenza del Duce e tre miliziani, entrambe le squadre
capeggiate da un sergente, per arrestare e portar via i due
sciagurati.
L'arresto
in fabbrica
Ammanettati
l'un l'altro Mercatali e Tosi furono portati alla gogna in giro per
la fabbrica e all'uscita della “Caproni” passarono in mezzo ad
una trentina di persone, tra cui tutti i “capi” della fabbrica,
che li strattonavano e li insultavano. Il direttore del personale
della “Caproni”, l’ingegner Giovanni Manzella, “fascista
della prima ora”, afferrò “Fis-cin” per il collo quasi
strozzandolo e graffiandolo tutto e urlando in modo plateale disse:
«Ma cosa ti ha fatto Mussolini per fare questo!» Furono poi portati
in Caserma e consegnati ai carabinieri di Predappio.
L'interrogatorio
nella Caserma di Predappio
Il
comandante della caserma, un capitano dei carabinieri, li interrogò
per delle ore, quel giorno e il giorno dopo, accusandoli di aver
“pisciato” sul ritratto del Duce, ma i due non potevano che
ribadire la loro innocenza. Fis-cin replicò che nessuno aveva
pisciato sul Duce e che, anzi, lui, il quadro da terra dove si
trovava lo aveva appoggiato sopra l'armadietto del gabinetto e questo
lo avrebbero potuto verificare facilmente. Durante l'interrogatorio
Mercatali e Tosi furono tacciati di essere degli “imboscati” e,
non essendo la prima volta che Fis-cin sui luoghi di lavoro e in
altre parti si prendeva dell'imboscato, non si trattenne dal dire al
capitano: «E allora voi!» Infatti Mercatali era stato riformato ed
esonerato dalla leva militare per una menomazione braccio e Tosi,
dopo aver già fatto tre anni di guerra nella Marina Militare, nei
sommergibili, era stato riformato perché aveva contratto la
tubercolosi. Anche per questo Tosi, lui che aveva lottato e sofferto
tanto per il Duce, si lamentava molto per tali accuse e la situazione
in cui si trovava. Il capitano era balbuziente e ogni volta che non
cavava la parola, per sbloccarsi, “mollava” un pugno o una sberla
a uno dei due ma soprattutto a Fis-cin che gli era più vicino e
aveva la “ganasa” dalla parte del capitano tutta gonfia e
tumefatta.
Il
rilascio
La
mattina del terzo giorno, dopo due notti di prigione, furono
rilasciati e successivamente reintegrati nel lavoro alla “Caproni”.
Mercatali chiese al maresciallo dei carabinieri, che gli restituiva
gli effetti personali sequestrati al momento dell'arresto, di poter
denunciare il direttore della Caproni che lo aveva graffiato in quel
modo mentre era ammanettato e mostrò il collo tutto segnato al
maresciallo. Il maresciallo gli disse che per fare la denuncia ci
volevano i testimoni e Mercatali replicò che più di trenta persone
avevano visto davanti alla “Caproni” e, vedendo in quel momento
dalla porta aperta uno dei miliziani che lo avevano ammanettato e
prelevato, disse al maresciallo: «ecco lui è uno». Ma il milite
fascista, chiamato dal maresciallo, disse, spudoratamente, di non
aver visto niente e Fis-cin “non perse altro tempo in quella
Caserma”. L'autore del misfatto non fu mai scoperto e,
probabilmente, Mercatali e Tosi furono scarcerati e reintegrati nel
lavoro senza altre noie perché in quei giorni, dopo la destituzione
di B. Mussolini da parte del Gran Consiglio del Fascismo, c'era molto
trambusto e nervosismo tra i dirigenti fascisti e incertezza sul da
farsi nell'Arma dei carabinieri e nell'Esercito. E poi, stai a vedere
che quel ritratto di Benito Mussolini finito nel cesso il giorno
prima della sua destituzione non fosse un segno premonitore del
destino! Comunque, gli operai della “Caproni” di Predappio si
erano già disfatti del fascismo buttando nel cesso Mussolini.
(…)
Il
dispaccio
Il 27
ottobre del ’44, l'indomani dell'arrivo a Predappio di Ferlini
Giuseppe e dei suoi partigiani, Mercatali doveva recapitare un loro
comunicato a Pino Maroni, un partigiano dei G.A.P., a S. Martino in
Strada. Il dispaccio lo aveva ricevuto da due partigiani uno dei
quali, a memoria di Mercatali, era un certo Casadei di Bussecchio.
Nel comunicato si segnalavano le posizioni conquistate dai partigiani
e dagli Alleati, le postazioni tedesche ancora presenti nella vallata
e sulle colline di Predappio e Castrocaro e si davano delle direttive
per l'imminente attacco per liberare Forlì. Pino Maroni aveva a S.
Martino in Strada una bottega da falegname e questa sua attività lo
“copriva” e lo facilitava per nascondere e smistare le armi ai
partigiani, e per ricevere e trasmettere informazioni. Ha raccontato
Fis-cin che in quei giorni era freddo e pioveva sempre e lui si era
più volte bagnato e “infradiciato tutto” e si era preso un
“febbrone” e affidò così l'incarico di recapitare il messaggio
a due giovani di Fiumana delle S.A.P., Ugo Vallicelli (Ughin) e
Giovanni Cimatti (Pelo).
(…)
P.S.-
In questi giorni è venuto a mancare anche Ughin (Ugo Vallicelli), porgiamo le nostre condoglianze alla famiglia ad ai compagni.
Panorama di Fiumana databile non oltre alla prima metà degli anni venti.
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