LE
FAVOLE DI PAOLINA
“...
ma era quello il tempo migliore della mia vita
é
solo adesso che mi è sfuggito per sempre,
solo
adesso lo so”.
Natalia
Ginzburg
BERTA:
LA MOGLIE INDARLITA
(Favola pubblicata nel libro "C'era una volta ... anzi appena ieri" di Palmiro Capacci.)
In
questa fiaba ho volutamente utilizzato gli aggettivi romagnoli
italianizzati: indarlito, impalzato e invornito che all’incirca
rappresentano varie sfumature del termine imbranato, perché erano
questi gli aggettivi che venivano utilizzati e francamente per tanto
tempo non ho dubitato che non fossero presenti nella lingua italiana.
C’era
una volta una piccola casetta nascosta in uno sperduto vallone posto
fra impervie colline in cui viveva una coppia di giovani sposi.
Marito e moglie erano piuttosto sempliciotti, diciamo pure che erano
proprio “indarliti”. Per la verità, il marito poteva ancora
passare, la moglie invece era proprio “invornita”. Consapevole di
questa sua condizione, cercava di seguire alla lettera le indicazioni
del marito di cui ammetteva il maggior buon senso.
Un
giorno lui le disse: “Vado nel campo, tornerò verso sera, tu
rimani a casa a preparare da mangiare. –“Che
ti devo preparare caro marito mio? Chiese la donna e il marito
rispose: “Potresti cuocere due-tre fagioli”. Partito che fu, la
donna si mise all’opera felice di andare incontro ai desideri del
marito a cui era molto affezionata. Accese il fuoco, attaccò il
paiolo alla catena e lo riempì d’acqua. Aprì il sacco dei fagioli
e pensò: “Mi ha detto di cuocere due-tre fagioli, sarà meglio
abbondare, il poveretto fatica tanto e torna a casa sempre con una
gran fame”. Gettò quindi tre fagioli nel grande paiolo.
Quando
ormai l’acqua bolliva da diverso tempo pensò che fossero cotti e
per sincerarsene ne assaggiò uno dopo averlo lungamente cercato con
la ramina. Verificata la cottura li scolò e li versò nel piatto, li
condì, ma le venne il dubbio che non fossero sufficientemente
salati, pensò di assaggiarne uno, non voleva certamente servire al
suo uomo una pietanza insipida.
Alla
sera quando il marito tornò dal campo stanco e affamato si sedette a
tavola e chiese: “Moglie hai cotto i fagioli? “(Non disse cara
moglie perché i romagnoli di un tempo erano uomini tutti di un pezzo
e non perdevano tempo in simili smancerie). “Certo che l’ho
fatto, non vedi che ti ho già preparato il piatto?”. rispose la
donna. L’uomo vide il fagiolo che se ne stava tutto solo nel piatto
e chiese: “Ma gli altri dove sono?”. La moglie precisò: “Mi
hai detto di cuocere due-tre fagioli e così ho fatto, poi uno l’ho
assaggiato per sentire se erano cotti e un altro se erano
sufficientemente salati. C’è rimasto solo quello”. All’uomo
uscirono dalla bocca tutta una lunga litania d'imprecazioni e
maledisse la disgrazia che gli era toccata nel prendersi una moglie
tanto “impalzata”.
Il
giorno dopo, prima di partire per il campo, diede alla moglie
indicazioni più precise e si raccomandò: “Io torno nel campo, tu
prepara da mangiare. Stasera mi piacerebbe mangiare delle
tagliatelle, però ho molta fame, non fare come ieri, fanne una bella
montagna”. La donna si mise subito all’opera per accontentare il
suo uomo. Prese l’intero sacco della farina lo versò tutto sul
tagliere, vi spaccò tutte le uova che aveva e siccome non bastavano
vi aggiunse dell’acqua e cominciò ad impastare ed a tirare una
sfoglia dietro l’altra, le tagliò e le mise ad asciugare. Siccome
erano tante cominciò a stenderle in ogni dove, sulla spalliera delle
sedie, sul letto, sul filo per stendere i panni e persino sulla siepe
che delimitava l’aia.
Rincasò
il marito stanco morto e fece per sedersi su una sedia, la moglie lo
blocco: “Fermo, fermo che ci sono le tagliatelle”. Lui fece per
mettersi su un’altra sedia, ma era la stessa storia, si guardo
intorno e vide tagliatelle dappertutto, sconsolato e rassegnato le
disse: “Cuocine una pentola mentre che mi stendo un po’sul
letto.” –
“Fermo lì, perché anche sul letto ci sono le tagliatelle”. Al
povero uomo non rimase che sciorinare un lungo rosario di “madonne”
che incenerivano l’aria.
Il
giorno successivo le disse: “Visto che hai preparato da mangiare
per parecchi giorni, oggi raggiungimi nel campo e mi raccomando
tirati dietro la porta, quando esci”.
La
donna, sbrigate alcune faccende di casa, si avviò verso il campo,
seguendo scrupolosamente le indicazioni ricevute: si tirò dietro la
porta, la staccò dai gangheri e se la caricò sulle spalle.
Raggiunto il marito si prese una severa sgridata, ma lei
piagnucolando si difese: “Perché mi sgridi, ho fatto come mi hai
comandato, mi hai detto di tirarmi dietro la porta ed io me la sono
tirata dietro”.
Si
misero a zappare, quando verso sera il marito notò che stavano
avvicinandosi alcuni uomini. Erano ancora lontani, ma capì che erano
due brutti ceffi, erano senz’altro dei briganti appartenenti ad una
banda che seminava terrore in tutta la zona. Bisognava nascondersi,
ma i campi nei dintorni erano spogli e non offrivano alcun
nascondiglio, c’era solo un'enorme quercia. Pensarono di salire su
di essa e nascondersi fra le fronde. Accidenti alla porta, non
potevano lasciarla lì in vista, i briganti avrebbero potuto
insospettirsi. Con molta fatica riuscirono a trascinarla fin sopra
l’albero. Con tutto il posto che c’era, dove mai i banditi
decisero di fermarsi? Proprio sotto la quercia. Si sedettero e pareva
non avessero alcuna fretta, tirarono fuori dal tascapane pane,
formaggio ed un fiasco di vino e si misero a mangiare e conversare,
parlavano di un sacco di monete d’oro che erano riusciti a rubare.
Intanto si era già fatto buio. Dopo aver mangiato i briganti
tirarono fuori un grosso sacco, lo aprirono ed era pieno di marenghi
d’oro che scintillavano alla luce della luna che si era già
levata. Quello che sembrava essere il capo cominciò l’equa
spartizione del bottino: “Uno a me, uno a te e uno a me –
poi rivolgendosi all’altro bandito ricominciava –
Uno a me, uno a te e uno a me”.
Dall’alto
i due contadini vedevano e sentivano tutto. Ad un certo punto la
donna disse bisbigliando: “Marito mi scappa una gran pisciata che
non riesco più a tenerla”.
“No,
per carità, non lo fare, non lo fare… va a finire che ci scoprono
e ci ammazzano”. Supplicò l’uomo.
Ma
la poveretta veramente non riusciva più a trattenerla e la mollò.
In basso i briganti furono investiti dalle gocce che cadevano.
“Ha
cominciato a piovere” disse uno dei ladri.
“Non
può essere, non vedi che nel cielo ci sono la luna e le stelle?”,
constatò il capo.
“Allora
è la guazza notturna”, replicò l’altro.
Dopo
un po’di nuovo la moglie bisbiglio: “Marito mi scappa qualcosa di
più grosso. Ho mal di pancia non la tengo più”.
Ancora
il marito la supplico: “Non lo fare, non lo fare stavolta ci
scoprono veramente e…”.
Ma
se scappa veramente, scappa e la donna la mollò, addosso a quelli
che stavano dabbasso. I briganti colti di sorpresa annusarono e
dissero: “Ma questa è merda!“.
Il
più intelligente sentenziò: “Saranno gli uccellini appollaiati
sull’albero che la mollano”.
Diedero
una schioppettata in aria per spaventarli e continuarono nella
spartizione.
Ma
non era ancora finita che la donna tornò alla carica: “Marito!
Marito mi sta scivolando la porta… non la tengo più… cade,
cade!“.
La
porta che si erano trascinata sull’albero precipitò addosso ai due
malcapitati con fracasso infernale. Tramortiti e spaventati i due
manigoldi pensarono che si fossero aperte le porte dell’inferno e
fuggirono tutti, chi da una parte chi dall’altra.
I
due contadini, accertato che i briganti non erano tornati indietro,
scesero dall’albero, e trovarono il sacco delle monete d’oro, lo
presero assieme alla loro porta e si diressero verso casa.
Capirono
di essere diventati molto ricchi. Il contadino disse alla moglie:
“Dobbiamo nasconderli, almeno per un po’di tempo perché i ladri
potrebbero venirlo a sapere, poi c’è tanta gente cattiva in giro,
i vicini poi sono gente invidiosa e ci potrebbero arrecare dei guai”.
Pensarono
di seppellire i marenghi d’oro in un buco scavato sotto il letto.
La
moglie osservò: “Ma non sappiamo neanche quanti sono, dovremmo
contarli”.
Ma
nessuno dei due sapeva contare fino ad un numero così alto. Ebbero
l’idea di misurarli con uno staio, ma non lo possedevano, allora
pensarono di andarlo a chiedere in prestito ad una loro vicina.
La
vicina era una braghira pettegola e mossa dalla curiosità chiese
cosa mai dovevano misurare quei due poveracci che nulla mai avevano
avuto da misurare. Siccome non riuscì a farselo dire ebbe un’idea
e mise un poco di strutto sul fondo dello staio.
Tornati
a casa i contadini misurarono con lo staio le monete e le
seppellirono nel buco sotto il letto. Non si accorsero che una moneta
era rimasta appiccicata nel grasso. Quando restituirono lo staio la
vicina vide la moneta e si meravigliò molto del fatto che due
disgraziati con una gran miseria che spellava le ossa potessero avere
monete d’oro. Rosa dall’invidia andò ad informare le guardie.
Due
guardie con un gran pennacchio in testa si recarono alla casa dei
nostri due protagonisti. Il marito come al solito si era recato nel
campo e le guardie trovarono solo la moglie. Cominciarono a farle un
sacco di domande sulle monete d’oro. Lei poverina balbettava, si
confondeva e le scappò di dire: “Non le abbiamo mica rubate, le
abbiamo trovate sotto la quercia. È stato il giorno dopo che lo
stendipanni e la siepe erano coperte di tagliatelle”.
Le
guardie si guardarono, sorrisero, si dissero: “Ma questa è proprio
matta, crede che le tagliatelle piovano dal cielo”. Se ne andarono
e non dettero più retta alla invidiosa vicina, che pensarono fosse
matta anche lei.
Fu
così che da quel giorno i due sposi imbranati vissero felici e
contenti.
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