Monumento alla resistenza di Predappio.( Si trova nei parco del Palazzo Comuale)
Il
fascismo di Predappio
Quanto affermato sulla natura
del fascismo forlivese vale in modo particolare per quello di
Predappio. Abbiamo già visto che il fascismo si impose non per
stimolo interno: i fascisti locali era quattro gatti (il 28 ottobre
1922, data della “Marcia su Roma”, gli iscritti al Fascio erano 4
a Predappio e 2 a Fiumana) e questi non ebbero poi alcun ruolo di
rilievo durante il regime. Il fascismo si affermò per imposizione
esterna e non tanto degli altri fasci emiliano-romagnoli, che si
limitarono a qualche spedizione punitiva, ma grazie all’opera dei
Commissari prefettizi. In sostanza a Predappio è lo Stato
autoritario che crea il Fascio locale e non viceversa. Nelle elezioni
del 1924 l’unico discorso di un locale a sostegno del “listone
fascista” riportato dal giornale è quello del segretario comunale
Nicola Emiliani, peraltro a quel tempo non ancora iscritto al PNF. Di
altri discorsi tenuti da rappresentanti locali del Fascio nel
giornale nel corso del “Ventennio”non si troverà mai traccia,
tranne qualche relazione amministrativa del Podestà.
Questa genesi determinerà le
caratteristiche del Fascio locale che avrà un'impronta molto
istituzionale ed amministrativa, oppure famigliare. Un ruolo
importante sarà svolto, infatti, dai parenti di Donna Rachele. Non
vi furono molti mutamenti nel corso del Ventennio: il Podestà Pietro
Baccanelli rimarrà in tale ruolo per tutto il periodo, il segretario
del Fascio sarà per lungo tempo Aurelio Moschi (cognato di Donna
Rachele), la consorte sarà la responsabile delle "massaie
rurali"ed infine il figlio responsabile locale dell’Opera
Nazionale Dopolavoro. Il segretario del Fascio di Predappio Alta sarà
Alcide Mussolini, divenuto nel frattempo “cavaliere”. Dopo la sua
scomparsa l’incarico sarà ricoperto dal Podestà Pietro
Baccanelli: evidentemente quel Fascio soffriva di una forte carenza
di quadri.
Specialmente negli anni ’20
la vita nel fascismo forlivese fu convulsa e agitata da lotte
intestine. Sul “Popolo di Romagna” si riportano spesso notizie di
sospensioni ed espulsioni e cambio dei dirigenti, arrivano come
commissari straordinari per normalizzare la situazione, personalità
del calibro di Italo Balbo, Leandro Arpinati e Carlo Scorza, ma una
relativa stabilità sarà raggiunta solo a metà degli anni trenta.
Il Fascio di Predappio fa eccezione è tranquillo. Sul Popolo di
Romagna, nel 1923, si riporta una sola espulsione per indegnità e la
sospensione per tre mesi di un altro iscritto per indisciplina. Poi
bisognerà aspettare l’inizio degli anni ‘30 per trovare notizia
di altri provvedimenti disciplinari contro qualche iscritto al Fascio
di San Savino. Fiumana mostra invece una vita del Fascio già più
agitata. In un’indagine sulla Federazione del PNF forlivese,
commissionata nel 1931 da Mussolini ai Carabinieri, fatto di per sé
già alquanto significativo, la situazione nei fasci della provincia
è ancora alquanto rissosa e problematica, i Fasci di Predappio e
Predappio Alta risultano i più tranquilli ed elogiati dell’intera
provincia.
I dirigenti fascisti di
Predappio appaiono essenzialmente sul giornale come contorno alle
cerimonie che vi si svolgono; talvolta si menziona la presenza del
Podestà, quasi mai si menziona quella del segretario locale del
Partito, mentre un ampio rilievo è dato alle “massaie rurali”,
incaricate di presenziare all’arrivo delle varie delegazioni che
visitano in paese. Il giornale riporta anche numerose foto di tali
massaie nel loro costume di scena di stile ottocentesco. Ciò perché
Predappio deve rappresentare anche il mito dell’Italia proletaria e
rurale che, semplice e frugale, si contrappone alla crescente
urbanizzazione ed ai cittadini “borghesi e decadenti”. Predappio
Nuova ed i suoi abitanti svolgono un ruolo di cornice, di necessario
supporto ai riti di pellegrinaggio organizzati dal regime. L’adesione
al Fascio dei predappiesi non sorse dallo scontro politico, da
adesioni ideologiche, ma dall’adeguamento dei suoi cittadini alla
nuova situazione. A Predappio non si determinarono quindi odi
profondi a livello personale, come accadde in altre zone. Nelle
testimonianze più avanti riportate vi è un solo personaggio locale
che fa eccezione ed è oggetto di forte contrasto, anche a distanza
di tanto tempo. Appare come l’unico che fedele fino in fondo al
fascismo, “un combattente integrale” in un paese privo di eroi e
martiri fascisti: non ve ne furono durante l’ascesa, né durante il
regime nelle guerre d’Africa e di Spagna e,da parte fascista,
nemmeno durante la Resistenza. Le vittime della seconda guerra
mondiale che abbiamo trovato menzionate sono soldati, civili e
partigiani. Questa genesi e natura del fascismo di Predappio spiega
la scarsa “presa” che ebbe la R.S.I. nel paese. Il podestà
Baccanelli, che era l’unico “uomo forte del regime” si ritirò
indisturbato nella sua tenuta. L’unico atto amministrativo che lo
riguarda durante la R.S.I. è la delibera del Commissario prefettizio
del 31/12/1943 che accoglie la sua richiesta di rimborso della “somma
spesa di lire 1600 sostenute per la confezione di n. 6 album
contenenti le foto dei genitori del duce donate poi a personalità”
avvenuta nel periodo in cui era ancora il Podestà. Ritroviamo
Baccanelli anche in una delibera della Giunta Ferlini dopo la
Liberazione, quando cede a noleggio la sua moto al comune da
destinarsi ai Regi Carabinieri che sono privi di mezzi di trasporto.
La delibera fissa la spesa per la riparazione del mezzo, ma precisa
di “riservare le spese di noleggio a fine servizio” senza
definirne l’ammontare. Non sappiamo poi se l’affitto gli sia
stato corrisposto.
Il vecchio segretario del
Fascio locale non viene mai menzionato dopo l’8 settembre, né dal
giornale, né dall’amministrazione e neppure nelle testimonianze
raccolte. Per il periodo precedente viene generalmente ricordato in
modo benevolo, come brava persona, anche dagli avversari. Più che
per l’aspetto politico è ricordato per quello amministrativo: “era
quello che dava le tessere e vendeva le divise da balilla.
Se avevi difficoltà economiche dilazionava i pagamenti e ci si
rivolgeva a lui per qualche raccomandazione per il filo diretto che
aveva con la cognata Donna Rachele. Padre Vittorino, che non era
un'espressione del Fascio, ma che era in ogni modo un elemento
importante del Regime nella Predappio Nuova, si troverà addirittura
in urto con il Fascio Repubblicano e scriverà che era guidato da
"due o tre
elementi loschi a capo della locale “Brigata nera”, che aveva
preso il dominio incontrollato della situazione".
Per la verità, se
consideriamo i nati a Predappio, troviamo una personalità di fama ed
importanza nazionale per il fascismo: Pino Romualdi. (1913 -1988).
Per un breve periodo fu nel 1940 direttore del “Popolo di Romagna”,
diverrà Federale del Partito Fascista Repubblicano della Provincia
di Forlì nella fase iniziale della RSI, per divenire poi vice
segretario nazionale e nel dopoguerra fondatore e dirigente del MSI.
Nacque a Predappio tuttavia non ebbe alcun ruolo diretto nelle
vicende del suo paese di nascita.
In conclusione, l’adesione
al fascismo a Predappio fu dovuta all'adeguamento “alla nuova
realtà di fatto” del Regime per coglierne le opportunità, tanto
più che il paese venne a trovarsi in una situazione privilegiata:
per le opere che vi si costruivano, per il lavoro che non mancava,
beninteso se non ci s'intestardiva nell’antifascismo e per i
finanziamenti che arrivavano copiosi e che spesso erano distribuiti
ad personam
e presentati come erogati direttamente dalla generosità del Duce o
della consorte, quando nella realtà erano sussidi pubblici. A questo
occorreva aggiungere la soddisfazione di essere stati catapultati da
paese sconosciuto al “centro del mondo”, alla "nuova
Betlemme che aveva dato i natali all’Uomo della Provvidenza Divina,
che aveva redento la patria".
Con la guerra tutto cambiò e
la “realtà di fatto” della RSI era totalmente diversa.
I pellegrinaggi
( omissis)
L' antifascismo durante il
ventennio
Abbiamo già fatto notare che
quanto detto sinora vale principalmente per l’abitato di Predappio
Nuova mentre la realtà della restante parte del territorio era
diversa. Nelle campagne il fascismo non incise molto e possiamo
affermare che fu un fenomeno prettamente cittadino. Ciò non solo
perché contadini, mezzadri o coltivatori diretti, erano più isolati
e difficili da coinvolgere, ma perché il regime non rappresentò un
miglioramento delle loro condizioni sociali e in particolare il
mezzadro si vide costretto a quel patto agrario semi feudale che era
ormai anacronistico. Le conquiste per i più vantaggiosi patti agrari
che aveva strappato durante il “biennio rosso” degli anni 1919 e
1920 gli furono portate via e nei comuni tornarono al potere i
possidenti di un tempo. Molti podestà provenivano, infatti, dalla
classe dei possidenti che avevano governato i comuni all’epoca
liberale, prima che in molti comuni fossero scalzati dai sindaci
socialisti. A Predappio Baccanelli era uno di loro e nella prima
giunta fascista ricomparve il già menzionato Ulisse Zoli. Se andiamo
ad esaminare la composizione dei partigiani notiamo, infatti, che la
presenza dei mezzadri e dei braccianti è assai numerosa e lo è
particolarmente a Predappio, mentre è esigua la componente della
piccola borghesia cittadina, Di possidenti nella Resistenza Romagnola
nemmeno parlane: solo 14 su circa 6640 nomi si definiscono tali.
Nonostante la retorica dell'Italia rurale e proletaria il fascismo fu
un fenomeno principalmente della piccola e media borghesia urbana e
dei possidenti agrari.
Riguardo all'antifascismo
nelle campagne abbiamo trovato questo episodio. Il 24 marzo 1926
furono denunciati sei giovani di Porcentico dal Sindaco fascista di
Civitella di Romagna Giuseppe Dianini con l’accusa di essersi
trovati ad una festa da ballo durante la quale avevano cantato
Bandiera rossa e si erano dati ad inneggiare al socialismo e a
maledire il fascismo. Non si sa della sorte dei sei giovani; non
furono deferiti al Tribunale Speciale perché esso sarebbe stato
istituito solo il 25 novembre 1926. Può meravigliare che la denuncia
fosse fatta dal Sindaco (poi sarà chiamato Podestà) di Civitella
quando Porcentico era ormai da tre anni sotto l’amministrazione di
Predappio, ma probabilmente egli era bene informato perché come
assessore aveva in Giunta Antonio Rossi che era il proprietario di
gran parte dei poderi di quella frazione. Porcentico comunque rimase
sempre ostile al fascismo e durante la Resistenza fu duramente punita
per questa “colpa” con la strage perpetrata il 23 agosto 1944.
Per i benefici economici
ricevuti, per il fatto di essere ascesi a fama nazionale, per il
controllo sociale, ancor prima che politico e poliziesco, tutto porta
a pensare che Predappio, perlomeno il capoluogo, dovesse essere il
paese più fascista d'Italia, senza voci dissonanti. La vera sorpresa
è che così non fu, l'antifascismo non fu sradicato nemmeno a
Predappio Nuova. Non fu sradicato nella coscienza di molti che
rimasero fedeli ai propri principi ed ideali, anche quando per la
necessità del vivere dovettero formalmente adeguarsi, anche quando
si sentivano ripetere che quegli ideali erano sorpassati e sepolti
dalla storia, che il mondo era andato avanti, era cambiato e non ci
si poteva attardare nelle illusioni di fine ottocento come erano gli
ideali di democrazia, libertà e socialismo, tanto più che ciò
creava disagi materiali e discriminazioni alla famiglia, in quanto
l’adesione al fascismo era condizione necessaria non solo per fare
carriera, ma anche per lavorare. Ma l'antifascismo non fu solo il
sentimento di una minoranza che non rinunciava alla propria idea e
dignità anche a costo di essere discriminata, fu anche un impegno
politico attivo. Nel 1930 a Dovia cioè Predappio Nuova fu scoperta
una cellula comunista che portò all'arresto e alla condanna di
Quinto Bartoli e Alfredo Guardigli. Da menzionare è anche il
socialista Donato Boattini di Predappio Alta, arrestato nel 1938 e
condannato al confino.
Nell'ambito dell'antifascismo
va ricordato anche Adone Zoli, di Predappio, anche se per anagrafe
nacque a Cesena nel 1887 e divenne toscano d'adozione. Nel 1907 si
laureò in Legge ed esercitò l'avvocatura prima a Genova, poi a
Bologna e, infine, a Firenze. Adone Zoli, tuttavia, può essere
considerato un predappiese, anche se visse altrove. La sua famiglia
di possidenti e notabili era molto importante a Predappio e, a parte
il menzionato Ulisse Zoli, non aderì mai al fascismo. Adone Zoli
combatté con valore nella prima guerra mondiale meritando tre
decorazioni. Nel dopoguerra aderì al Partito Popolare e partecipò a
vari Congressi e nel 1921 entrò a far parte del Comitato centrale
del partito di Don Sturzo.
Nel 1943 non esitò ad aderire
alla Resistenza e rappresentò la Democrazia Cristiana nel CLN
toscano. Per la sua attività antifascista fu arrestato a Firenze con
due dei suoi figli e venne incarcerato a "Villa Triste",
luogo di detenzione e tortura della famigerata Banda Carità.
Processato e condannato a morte riuscì ad evitare la pena capitale e
fu liberato dopo tre mesi di prigione. Nel febbraio del 1944 per poco
riuscì ad evitare che i nazifascisti lo catturassero un'altra volta.
Dopo la Liberazione di Firenze
(11 agosto 1944), fu nominato Vice Sindaco del capoluogo toscano e
divenne uno degli esponenti più in vista della DC.
Non venne mai meno al suo
antifascismo, come dimostrò nel 1957 quando si dimise da Presidente
del Consiglio, rifiutando i voti determinanti del Movimento Sociale
Italiano. Ciò non gli impedì tuttavia di adoperarsi perché i resti
di Benito Mussolini fossero restituiti alla famiglia per la sepoltura
nel cimitero di San Cassiano. In quell'occasione chiese l’opinione
al Sindaco di Predappio, il comunista Egidio Proli, il quale rispose:
“ Non ci ha fatto
paura da vivo, non ce ne farà nemmeno da morto”. Adone
Zoli è sepolto nella tomba di famiglia del cimitero di San Cassiano
di Predappio.
Altra figura di rilievo nata a
Predappio ed emigrata nel limitrofo Comune di Galeata è Aldo (Dino)
Palareti (1909 – 1944. Medaglia d'argento al valor militare.
Professione sarto, coniugato con un figlio. Iscritto al P.C.I.
clandestino dal 1935. Partigiano dell’8a
Brigata Garibaldi “Romagna” dal 10/09/1943 al 23/04/1944. La sua
abitazione era punto di riferimento per il materiale e gli uomini che
dovevano raggiungere la brigata partigiana in via di organizzazione.
Nel febbraio 1944, dopo l’assalto alla locale caserma della GNR,
gli fu impossibile continuare l’attività a Galeata e raggiunse la
Brigata. Portandosi verso Galeata per sfuggire al grande
rastrellamento d’aprile, venne catturato alle ore 2 del 23 aprile
1944 assieme a Libero Balzani, Luigi Bandini e Bruno Patrignani, in
località Rio Secco. Dopo sevizie, fu fucilato nella stessa mattinata
presso la cosiddetta “Fabbrica delle ginestre” senza alcun
processo, nemmeno sommario, incolpato della morte dello squadrista
Secondo Ghetti.
Partigiani della Vallata del Rabbi e dell' Alto Bidente riconoscibili Giuseppe ferlini e altri di Predappio. Diploma di Paolina Laghi nata a Predappio e la cui famiglia dovette emigrare dopo l'avvento del fascismo perchè non disposta a rinnegare i propri ideali socialisti.
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