ALDO (DINO) PALARETI
Partigiano- Medaglia d'argento al valor militare
ALDO (DINO)
PALARETI
Palareti
Aldo (detto Dino) di Augusto e di Campana Cristina, nato a Predappio il
28/04/1909 residente a Galeata Provincia di Forlì. Professione Sarto, coniugato
con un figlio. Iscritto al P.C.I. clandestino dal 1935 - Partigiano dell’ 8a
Brigata Garibaldi “Romagna” dal 10/09/1943 al 23/04/1944. Medaglia d’argento al valor militare.
Note
operative riportate nella scheda dell’elenco dei partigiani in possesso
all’ANPI di Forlì.
La sua abitazione era punto
di riferimento per i materiali e gli uomini che dovevano raggiungere la brigata
partigiana in via di organizzazione. Nel febbraio 1944, dopo l’assalto alla
locale caserma della GNR, gli fu impossibile continuare l’attività a Galeata e
raggiunse la
Brigata. Portandosi verso Galeata per sfuggire al grande
rastrellamento d’aprile. Venne catturato alle ore 2 del 23 aprile 1944, assieme
a Libero Balzani, Luigi Bandini e Bruno Patrignani, in loc. Rio Secco, dopo
servizie, fu fucilato nella stessa mattinata presso la cosiddetta “Fabbrica delle
ginestre” senza alcun processo –nemmeno sommario – incolpato della morte dello
squadrista Secondo Ghetti.
Palareti condotto alla fucilazione.
Testimonianza
di Olimpia Buscherini Vedova Palareti
Presente
presso l’archivio dell’ Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Forlì.
“ALDO PALARETI fu
Augusto e di Campana Cristina.
nato a Predappio il 23 Aprile 1909. fucilato a Galeata
il 23 Aprile 1944.
Perseguitato
politico antifascista iscritto al P.C.I. fin dal 1935.
Dopo
l'8 Settembre 1943, Dino (così tutti lo chiamavano), è a capo del movimento
Partigiano galeatese.
Presidente
del C.L.N. clandestino, tutti hanno fiducia in lui, tutti lo stimano, il suo
mestiere è il sarto, però non può più lavorare, c'è da organizzare, c'è da preparare
i compagni che devono partire per la montagna: i compagni che gli sono sempre
vicino sono: Collinelli, Babbini, Buscherini, Zanchini e tanti altri
provenienti da S. Sofia, da Forlì; la sua casa è continuamente ritrovo per le
riunioni il. rifugio per le armi, siano in guerra, c'è la razione, ma Dino
procura tutto con grandi sacrifici; arrivano continuamente uomini, hanno fame,
bisogna vestirli, ed egli è il padre di tutti.
I
fascisti sanno che Dino è a capo del movimento partigiano, un compagno lo avverte
che vogliono arrestarlo perciò è costretto a partire per la montagna, dopo due
ore dalla partenza, che fu il 17 Novembre 1943, si presentarono a casa due
militi di Forlì che cercavano Dino e non trovandolo dicono che se non si
presentasse, preleverebbero lei e il figlio.
23
Febbraio 1944.- 1 Partigiani fanno un'azione su Galeata, arrivano alla notte
fra il 22 e il 23, sebbene facciano resistenza, disarmano la caserma dei
carabinieri nella quale assieme ai carabinieri, vi sono anche sei militi, prima
di consegnare le armi, questi fanno resistenza, allora vengono fatti
prigionieri e disarmati, anche i fascisti, vengono disarmati; il Segretario
della Repubblichina va sul tetto e lancia bombe in direzione dei Partigiani,
Dino assieme ad altri Partigiani, non curanti del pericolo salgono anche loro
sul tetto, e dopo una gran lotta il repubblichino, certo Ghetti Secondo, rimane
ferito poi in seguito muore. Anche Dino ed altri rimangono feriti, si fanno
curare dal medico, poi tornano sui monti.
23
Febbraio 1944.- Notte indimenticabile. Lasciai la mia casa per andare in
montagna assieme a Dino e mio figlio. C'era la neve alta, ghiacciata, non si
poteva camminare, mio figlio piangeva e solo all'alba si arrivò dove erano ì
Partigiani.
24
Febbraio 1944.- Viene una staffetta e porta la notizia che i fascisti rompendo
lo porte sono entrati in casa mia rubando e spaccando tutto: un grande dolore
mi assale, Dino mi consola, mi dice: non piangere per così poco, finito la
guerra, la faremo più bella la nostra casa.
24 Febbraio
1944.- .Siamo ancora nei pressi di Galeata, non si può. partire subito, i
feriti hanno bisogno di essere medicati, parte solo una squadra per raggiungere
il comando che si trova a Biserno nel comune di S Sofia; i prigionieri vengono
consegnati a loro per raggiungere anch'essi il comando, ma attraversando un
bosco, tentano la fuga, i Partigiani sparano, i fascisti sono uccisi tutti e
sei.
I
fascisti di Galeata chiamano i rinforzi da Forlì per andare a prendere i morti,
perché in pochi non si azzardano, sanno che ci sono ancora i Partigiani.
27
Febbraio 1944,- Sì parte tutti per raggiungere il comando, Dino ha le gambe
gonfie, non può camminare e va a cavallo con il figlio Decio, io a piedi con
gli altri Partigiani, la neve è alta, sette ore di cammino, però siamo
ugualmente felici e cantiamo; facciamo tappa alla Berleta; troppo poco siamo
stati felici, lì dobbiamo separarci, Dino deve andare a Biserno, ma io non
posso, è zona di guerra, il bambino è ammalato, ha la febbre; ci salutiamo, io
proseguo per il Corniolo, poi vado all’Appennino Tosco Romagnolo.
Marzo
1944.- Per mezzo di una staffetta, so che i fascisti solo dopo un mese cono
andati a prendere i militi morti, erano in brutte condizioni, poi loro li
seviziarono per renderli mostruosi e calunniare i. Partigiani dicendo che sono
stati loro, fecero così una denunzia a Dino, incolpandolo come responsabile di
tutto.
Dino
partecipava sempre a tutte le azioni, e tutte le colpe ricadevano su. di lui.
8
Aprile 1944.- Per il Sabato Santo, Dino viene e trovarmi per passare con me la Pasqua che era il 9 Aprile;
8 e 9 Aprile ultimi giorni felici, poi al 10 incomincia il grande
rastrellamento; il 10 e l’11 sono pochi i fascisti e i tedeschi, in quelle
località arrivano molti Partigiani, toscani che sono stati attaccati a
Castagno, hanno avuto una lotta dura, sono due giorni che non mangiano, Dino fa
subito preparare da mangiare, i contadini fanno .molto pane, ma mentre lo
mettono a cuocere, arriva di corsa una staffetta e avvisa che sono arrivati i
rinforzi [del nemico], sono accerchiati. Raccolgono in fretta le coperte, le
armi e salgono il monte verso l'abetaia che porta anche in Campigna. Dino
mentre sale il monte, si volta, sventola il fazzoletto, vede che sono sulla
porta che piango, e mi urla: "Stai allegra, non piangere", le sue
ultime parole, non l'ho più rivisto.
Tutta
la notte non fece che piovere, la mattina dopo volevo cercarlo assieme ad una
contadina, salimmo il monte, ma i tedéschi ci videro e spararono, ci buttammo a
terra, noi interrogate, diciamo che abbiamo smarrito una pecora, e che si
andava a cercarla, ma tornammo a casa avvilite.
14
Aprile 1944.- Sui monti dove sono i Partigiani c'è una gran lotta, sembra che
si. spacchino le montagne, noi non ci possiamo muovere
di casa, i fascisti non fanno che sparare. Alla notte però i Partigiani si
abbassano, vengono a prendere il pane, noi stiamo sempre pronti, e per tutti
c’è un po’ di pane, Di notte i tedeschi e i fascisti non si muovono, perciò i
Partigiani possono girare.
15
Aprile 1944.- Vengono molti fascisti nella casa dove sono io, e dicono ai
contadini:"Abbiamo ordine dai nostri comandanti di chiudervi in casa e
bruciare la casa con voi dentro."; poi mangiano, e ripartono portandosi
pane, formaggio, e tutto ciò che trovano.
I
contadini cominciano a piangere, a disperarsi, e dire che non potevano più
tenermi con loro, perché se li avessero scoperti, li avrebbero bruciati
veramente.
Parto
col bambino per tornare al Corniolo, ma Decio è ammalato, non può camminare,ci fermiamo
a Campo Romagnolo, piccolo podere di montagna, dove qualche mese prima c'era
stato il Comando Partigiano. Dopo poche ore che sono in quella casa, vedo
passare, dalla piccola finestra della cucina, tre militi che hanno un.
Partigiano, uno di essi sta dietro di lui col fucile puntato, quando sono
vicini, riconosco in quel Partigiano mio fratello Buscherini Guido, lui non mi
vede, ed io devo starmene zitta col mio dolore, perché in quel momento altri
militi arrivano per prendere il pane.
La
mattina del 16 Aprile, domenica, parto per andare al Corniolo., per la strada,
so da una contadina che mio fratello assieme ad altri sono passati poco prima
con le mani legate, non sapeva però dove li portavano, solo più tardi seppi che
li avevano portati a S. Sofia e li avevano costretti a farsi la buca per
ammazzarli, ma poi venne un ordine da Forlì di portarli giù e vi furono portati
il medesimo giorno.
la
strada da Campo Romagnolo al Corniolo era piena di fascisti e tedeschi, ed io
ogni 10 minuti venivo fermata e qualcuno non voleva rilasciarmi, ma poi vedendo
il bambino a piangere e tremare, mi lasciavano andare, furono ore di spavento
quelle.
Arrivata
al Corniolo, nessuno mi voleva in casa, i fascisti erano da tutte le parti
armati fino ai denti, avevano tutti paura, solo un amico mi disse:"tutto
quello che hai bisogno sono pronta a dartelo, ma in. casa non posso prenderti,
dopo un'ora la mia casa sarebbe bruciata e tu arrestata, come fare?
Decio
aveva la febbre, in quelle condizioni non si poteva andare più avanti , eppure
prima di. trovare alloggio camminammo ancora più di un'ora. Ci riposammo, e il
giorno dopo, piano piano, attraverso i monti arrivammo vicino a Galeata ci
fermammo qualche giorno poi andammo vicino a Predappio in campagna da parenti,
fu lì, che il 25 Aprile 1944 due giorni dopo la morte, seppi la triste notizia.
Il 22
Aprile, Dino avendo saputo che i Partigiani durante il rastrellamento si erano
sbandati e i giovani si presentavano, venne per ricollegarli, era stanco, aveva
fatto tutta la strada a piedi e sì addormentò. Che triste risveglio! fu preso a
calci dai fascisti che lo avevano trovato assieme ad altri compagni, furono
presi, legati, bastonati, a Dino furono anche tolte le scarpe, e così, li portarono in paese, cantavano i fascisti, erano
contenti.
Dino
fu torturato, gli furono tolti tutti i capelli, perché parlasse, ma non bastò
neppure questo, perché egli non parlò, gli mandarono anche il prete, certo Don
Elia Foschini, cappellano di Galeata, ma Dino gli disse che non aveva nulla da
dire, solo disse;"Salutate mia
moglie, date per me un bacio a mio figlio, e ditegli che muoio contento”.
Scalzo,
legato, lo fecero attraversare il paese, Dino teneva la testa alta sembrava
volesse salutare tutti, tutti gli volevano bene, all’infuori dei tedeschi,
tutti erano terrorizzati, tutti piangevano. Fu portato alla fabbrica delle
ginestre, fu bendato per fucilarlo al petto, ma uno di loro disse: "I traditori della Patria sì fucilano alla
schiena non al petto" e fu fucilato alla schiena; al plotone d'
esecuzione presero parte dodici militi, spararono sei in ginocchio, sei in pi
di,
Non
volevano che nessuno si accostasse, solo i miei fratelli,poterono andare, e
senza cambiare vestito lo misero nella cassa, i fascisti non volevano che si
cambiasse, perché dicevano che era troppo bello così, lo portarono in quattro
al cimitero, lo misero nella tomba dei caduti, ma lo fecero subito togliere,
perché,dissero, che non era degno di stare fra gli eroi, fu fucilato alle ore
9,30 del 23 Aprile 1944, era Domenica,
Così, dopo tanta lotta, non avevo
più il marito, non avevo più la casa“.
Foto dell' esecuzione
OLIMPIA
BUSCHERINI
Forse Olimpia Buscherini fu una delle prime donne assessore
d’Italia, se non addirittura la prima, anche se per poco. Dopo la Liberazione di
Galeata, in attesa delle elezioni, quale Sindaco del Comune fu nominato il
partigiano Rodolfo Collinelli (Tom).
Il sindaco nominò una propria giunta comunale fra i cui componenti c’era
Olimpia Buscherini.
La lista dei componenti fu inviata alla Prefettura di Forlì, la
quale pensando ad un errore di battitura chiese :“Avete scritto Olimpia intendevate scrivere Olimpio?”. Il Sindaco
precisò che non c’era errore, aveva scelto un assessore donna. La prefettura la
fece decadere dalla carica, perché le donne a quei tempi non avevano nemmeno
diritto di voto figuriamoci se potevano fare gli amministratori comunali. La
lotta contro la vecchia retrograda Italia non era affatto finita.
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La Collinaccia
- Podere sito in Comune di Galeata - dove trovarono rifugio i primi gruppi di
partigiani nel dicembre 1943 - Il 1° maggio
l'ANPI organizza il tradizionale ritrovo a cui i cittadini sono invitati
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Le foto sottostanti si riferiscono a Partigiani dell 8va Brigata Garibaldi (Romagna) in particolare dell' 4° battaglione Comandati da Rodolfo Collinelli (TOM) composto in prevalenza da partigiani del medio alto Bidente e della Valle delRabbi (Predappio). (Nel bollettino ne furono inserite solo un paio).
Grazie Palmiro per aver pubblicato queste testimonianze e questi documenti. Dobbiamo conservare la memoria dei nostri eroi. Viva la Resistenza!
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