sabato 1 novembre 2014

Scipio e Mameli: incomprensibili fratelli d'Italia

TRATTO DA "POI VENNE LA FIUMANA".
Essendosi velocemente esaurite le mille copie stampate , ho provveduto ad una ristampa.



Italia se desta
dell’elmo di Scipio
 s’è cinta la testa.
Dov’è la vittoria… 





In colonia ci sono stato per ben quattro volte, più un anno nel collegio con le suore, allo “Stella Maris” di Cesenatico, dove frequentai la seconda elementare. La prima volta ero molto piccolo, non andavo ancora a scuola, a quei tempi ero “sbattuto, patito e sottopeso”. Il dottore assicurò che l’aria di mare mi avrebbe fatto bene e i miei genitori pensarono che sarebbe stata l’occasione per farmi imparare un po’ d’italiano visto che ad ottobre avrei iniziato la scuola, inoltre erano le uniche vacanze che potevano permettersi per i loro figli. Fu un’esperienza molto dura, gettato in un mondo che non capivo, che percepivo come estraneo, anzi ostile, fra tutto quel concentrato d'umanità mi sentivo più solo che a casa dove almeno avevo fratelli e genitori solidali. Ricordo che quando scoppiava un temporale “ le signorine” (badanti dei ragazzi) ci parlavano della pericolosità dei fulmini che potevano incendiare gli edifici ed incenerire le persone, dopo averci spaventato però concludevano che non dovevamo preoccuparci perché eravamo in un edificio dotato di parafulmine che catturava immancabilmente tutti i fulmini perciò potevamo dormire tranquilli. Io tuttavia non dormivo, non ero per nulla sereno, mi rigiravo nel letto pensando che a Fasfino il parafulmine non c’era e che magari proprio in quel momento una saetta colpiva la casa e morivano tutti i miei famigliari.
Erano molte le cose di quel mondo che non capivo, come ad esempio l’Inno di Mameli. Chi fosse sto Mameli francamente non ne avevo idea, ma subito pensai che dovesse essere un tipo strano che aveva fatto una canzone incomprensibile, come lo era il motivo per cui dovessimo cantarla ogni giorno tutti in fila, “tinchi” come bastoni. A quei tempi in colonia si faceva quotidianamente l’alzabandiera la mattina dopo colazione, l’ammaina bandiera invece non la ricordo, ma evidentemente qualcuno lo faceva perché il giorno dopo la bandiera era immancabilmente da rialzare.
Tutti in fila, tranne uno fra i più grandi, che si posizionava vicino all’asta a tirare la cordicella. Mentre il tricolore si alzava cantavamo l’inno d’Italia:
Fratelli d’Itaglia, l’Itaglia s’è desta …”.
(Sapevo che desta voleva dire svegliata, e fin qui era tutto comprensibile, il sole era già alto e trovavo logico che in Italia ci fossimo già tutti svegliati).
“Dell’elmo di Scipio ...”
(Chi fosse sto Scipio era proprio un mistero, nessun compagno sapeva essermi d’aiuto, nessuno lo conosceva o sapeva chi fosse, pensai fosse un amico del Mameli)
“ ... sé incinta la testa”
(Qui la crisi era totale, erano parole senza senso, come faceva ad essere “incinta” la testa? Ero contadino, non parlavo l’italiano, ma sapevo benissimo come nascevano i piccoli, avevo visto partorire le mucche, le scrofe e le pecore, le galline invece non rimanevano incinte. Era la pancia a rimanere incinta non la testa, poi non si rimane “incinti” con l’elmo, possibile che questo Mameli non sapesse cose tanto ovvie?)
”E’ schiava di Roma ...”.
(Questa era un’altra frase che non mi andava giù, non perché fossi un leghista “ante litteram”, ma perché tempo prima avevamo avuto una visita dei nostri cugini romani, bravissimi ragazzi ma di carattere estroverso, ed a me d'essere schiavo di Roma, cioè dei miei cugini, proprio non mi andava giù. Anche il prosieguo della canzone non mi era per niente chiaro, non sapevo cosa fossero le coorti e non mi sentivo per nulla pronto alla morte. Allora ero portato a pensare che questa non comprensione fosse dovuta alla mia ignoranza, ora ho capito che era invece colpa della ”loro” ignoranza, l’ignoranza di chi doveva e non sapeva insegnare. 
Da allora sono state tante le cose di questo mondo che non ho compreso e approvato.
Naturalmente oltre a “Fratelli d’Italia” c’insegnavano tante altre canzoni che cantavamo durante le “marce di trasferimento” dalla colonia alla spiaggia, però quella preferita da tutti era una canzoncina che si tramandava fra i bambini d'anno in anno e che iniziava con la strofa: “Le nostre signorine si credon d’esser belle, appunto per questo rimaran tutte zitelle. Da, dai, dai tutti gli altri van zanpai …”.

Nessun commento:

Posta un commento