venerdì 27 febbraio 2015

PREDAPPIO: L'immediato dopoguerra




Tratto dal Libro : "La foja de farfaraz. Predappio cronache di una comunità viva e solidale".



Capitolo: L’IMMEDIATO DOPOGUERRA

Per tutti l’immediato dopoguerra fu difficile, particolarmente lo fu l’inverno 1944 – 45: la guerra continuava, il fronte si era arrestato sul Senio e subito a nord di Ravenna, molti uomini mancavano, dispersi in qualche campo di prigionia, in compenso si potevano invece avere notizie di quelli che fino al giorno della Liberazione erano rimasti dall’altra parte del fronte.
Predappio fu occupata dalle Forze del Corpo d’Armata Polacco, che vi si acquartierarono fino alla fine di marzo, alloggiando negli edifici pubblici e nelle abitazioni del paese. I rapporti con le truppe polacche non furono sempre facili anche se i giudizi sono contradditori. In particolare a Predappio non vi furono forti tensioni fra polacchi e partigiani (fortemente anticomunisti i primi e generalmente comunisti i secondi), che in altre zone, anche vicine come a Cusercoli, provocarono molte scazzottate, alcune sparatorie e qualche morto da ambo le parti. Giuseppe Ferlini, comandante partigiano e primo sindaco di Predappio, dichiara: “Per me gli Alleati con noi furono molto rispettosi”, anche se non nomina mai i soldati polacchi.
Vi furono invece forti tensioni fra i polacchi e la parrocchia di Predappio, nonostante la comune fede cattolica, anzi in qualche caso ciò fu elemento di attrito a causa dell’uso della chiesa di S. Antonio. Il parroco deplora il poco spazio riservato ai riti religiosi destinati ai civili (i militari e decidevano la ripartizione degli orari per le loro funzioni religiose a cui erano esclusi i civili). Padre Vittorino si lamenta in particolare di non aver potuto celebrare la messa di mezzanotte per Natale ed anche in questa circostanza i civili erano esclusi, anche se “all’atto pratico diversi soldati, non escluso qualche ufficiale, erano venuti con qualche donna e ragazza della parrocchia”.Ai soldati polacchi, al di là delle diatribe politiche, in genere veniva rimproverato il fatto che insidiassero le “nostre” donne ed anche con modi alquanto “spicci”. Il lato positivo della loro presenza è che avevano un'ampia disponibilità alimentare, che in parte si riversò sulla popolazione.
La nuova amministrazione, designata dal CLN e sotto il controllo di un governatore inglese delle truppe alleate, mobilitò tutte le energie disponibili alla ricostruzione, anche di chi aveva seguito il regime fascista fino alla fine. In fondo quasi tutti erano stati, nolenti o volenti, iscritti al Fascio negli anni del Regime, anche se, poi, pochi di Predappio avevano seguito Mussolini nella avventura della RSI e quei pochi, tranne rare eccezioni, avevano mantenuto un ruolo defilato.
Nel dopoguerra, a parte qualche bastonatura, non avvennero gli episodi di giustizia sommaria che caratterizzarono la “bassa” ancora per gran parte del 1945. Ferlini fu anche criticato da qualche suo compagno di lotta per l’eccessivo buonismo; e pensare che durante la clandestinità i fascisti l’avevano soprannominato “l’ammazzagente”, accusa che lo indignava ancora da anziano.
I danni materiali della guerra erano rilevanti, ma tutto sommato assai minori rispetto ad altre zone della nazione. Il problema grave di Predappio era il totale collasso del tessuto economico urbano. Nelle campagne, per il momento e solo per pochi anni ancora, continuava la solita vita dura, anche se con maggiori difficoltà e miseria, ma si riusciva a mangiare. Nei paesi invece si assistette al tracollo delle attività produttive e a Predappio ciò fu più grave che altrove. L’Aeronautica Caproni, che aveva raggiunto le dimensioni di oltre mille dipendenti, aveva chiuso nell’estate 1944 quando gli impianti furono trasferiti al nord e non avrebbe più riaperto. Nel dopoguerra l’industria aeronautica italiana era a terra e, anche se non lo fosse stata, è improbabile che a Predappio si sarebbe continuato a produrre aerei, in quanto era una collocazione artificiosa per una simile attività.
Molti che vi erano immigrati nella seconda metà degli anni trenta, attratti dai cantieri aperti per le nuove costruzioni e dalla nuova industria, tornarono ai luoghi d’origine o andarono in cerca di nuove opportunità. Per gli operai e gli impiegati che rimasero all’inizio fu dura, ai limiti della fame. Particolarmente dura, come già ai tempi della guerra, fu per coloro che non avevano parenti e amicizie nelle immediate campagne. Tuttavia i frutti dello stabilimento Caproni non andarono tutti dispersi: si trattava di uno stabilimento tecnologicamente avanzato e moderno che aveva creato delle maestranze con elevata professionalità che fu messa a frutto in altre attività. Un gruppo di dipendenti fondò una cooperativa denominata L’ARTE che si specializzò in arredi di barche e navi e successivamente in interni di alberghi. La cooperativa, poi diventata una Srl, è tutt’ora presente e attiva nel più grande dei capannoni dell’ex stabilimento. Anche le gallerie scavate sotto la roccia furono utilizzate per lungo tempo per la coltivazione dei funghi. Oggi sono in parte recuperate e utilizzate dall’Università di Bologna come ubicazione di un tunnel (una galleria nella galleria) per lo studio dell’attrito e della turbolenza dell’aria nell’ambito di un progetto di ricerca con finanziamenti della Comunità Europea. Col tempo cominciarono a nascere attività artigianali che creavano lavoro, ma iniziò anche lo spopolamento delle campagne a cominciare dai poderi più marginali. I contadini emigravano verso la “bassa”, in pochi si fermarono nei paesi del fondovalle in quanto non vi era lavoro, ma questo non è un fenomeno specifico di Predappio. In tutti i Comuni collinari successe la stessa cosa, anzi nei Comuni di alta valle lo spopolamento fu più marcato. Alla fine degli anni’50 e negli anni ’60 un forte impulso alla ripresa economica fu dato dal “boom dei polli”, cioè dalla diffusione dell’allevamento avicolo intensivo, che ebbe proprio in Predappio un punto di diffusione verso l'intera Romagna.
La casa Natale di Mussolini tornò ad avere la sua antica utilità: fu data in affitto come residenza ad una famiglia. Fu sollevata anche la questione del capoluogo e di un suo possibile ritorno a Predappio Alta. Fu discussa la possibilità che Fiumana tornasse ad essere Comune. I Comuni limitrofi richiesero i territori che gli erano stati tolti, ma non se ne fece nulla in quanto la nuova sistemazione era più razionale della precedente.
Nonostante la difficile situazione tornò la voglia di vivere, di uscire dal lungo incubo della guerra, di esorcizzare le paure e i dolori recenti. Una delle manifestazioni di vitalità fu il ballo. Anche a Predappio si organizzarono feste danzanti, la Casa del Fascio col suo ampio salone si prestava allo scopo e ciò sollevò il biasimo di Padre Vittorino contro “la ricomparsa della mania del ballo, che dopo alcuni anni di compressione, esplode nelle forme più procaci in tutti i luoghi e con ogni persona …”.
Il 2 giugno 1946 i cittadini Italiani furono chiamati alle elezioni, finalmente libere e democratiche. Erano passati 25 anni dalle ultime che si erano tenute nel 1921. Il suffragio era diventato finalmente universale: per la prima volta votarono anche le donne.
Si votò per il Referendum Istituzionale. A Predappio vinse la Repubblica con largo margine



 In concomitanza si svolsero anche le elezioni politiche per eleggere la Costituente. I risultanti furono i seguenti:
I cittadini del Comune di Predappio sostanzialmente mantennero un indirizzo politico coerente con quello dei tempi precedenti al regime fascista: è ancora uno dei comuni più “rossi” della collina romagnola.
Si registrano tuttavia alcune importati novità: Il P.C.I. diventa il principale partito della sinistra, grazie alla scelta fatta di mantenere un’organizzazione clandestina durante il ventennio fascista e al rilevante ruolo avuto nella Resistenza, ma anche grazie al mito dell’URSS. Nonostante l’affermazione comunista, i socialisti ottennero un buon risultato, ben superiore alla media provinciale: la tradizione socialista di Predappio aveva ancora un forte peso. La Democrazia Cristiana, che se nel primo dopoguerra aveva a Predappio un ruolo marginale, diventa un partito di massa e ottiene una media leggermente superiore alla media provinciale. Alla sua affermazione hanno forse giovato gli immigrati negli anni trenta ed anche il voto femminile. Infatti era un classico che nelle famiglie romagnole i maschi fossero per gran parte sovversivi o almeno anticlericali, “mangiapreti e bestemmiatori”, ma che le donne rimanessero legate alla chiesa e alla pratica religiosa. Tale divisione era presente nella gran parte delle famiglie. Era ancora molto radicata la concezione che la pratica religiosa fosse “roba da donne” che mal si addiceva al vero uomo tutto d’un pezzo: gli uomini pii erano infatti definiti con scherno “i squaciarel". Il PRI ottenne a Predappio un risultato sensibilmente inferiore alla media provinciale, ma bisogna ricordare che in passato aveva un forte insediamento solo a Fiumana e che generalmente il partito era forte in pianura e debole in collina.
Nel frattempo, fra il 10 e il 31 marzo del 1946, (si votò in date diverse nei vari comuni e non conosciamo la data esatta di Predappio) si svolsero anche le elezioni comunali.

 L’ultima Amministrazione Comunale eletta democraticamente risaliva al 1919 e fu sciolta arbitrariamente dal Prefetto di Forlì alla fine del 1922. Seguirono un paio di Commissari Prefettizi e i Podestà nominati dall’alto (fino al 1926 si chiamavano ancora Sindaci), anzi per Predappio si può parlare “del Podestà Cavalier Pietro Baccanelli”, un possidente locale, che tenne ininterrottamente la carica dal febbraio 1924 all’agosto 1943 e dopo questa data si susseguirono vari Commissari Prefettizi. Anche Giuseppe Ferlini, che amministrò nel periodo di transizione, era un Sindaco di nomina del CLN e sotto tutela del governatore militare delle forze alleate.
Alle comunali si presentarono due liste: quella di sinistra (PCI e PSIUP) e quella di centro che vedeva la DC alleata al PRI (dai 32 anni successivi alla Settimana Rossa molta acqua era passata sotto i ponti repubblicani). Fu eletto sindaco Benito Partisani, un artista: pittore scultore e ceramista, che aveva come nome d’arte Mastro Lupo. Partisani proveniva dal mondo della sinistra, ma fino alla Liberazione non si era caratterizzato politicamente. Non risulta, infatti, negli elenchi degli appartenenti o sostenitori delle formazioni partigiane e si potrebbe definirlo “un indipendente di sinistra”, anche se era iscritto al PCI ed il fatto che sia stato scelto a ricoprire il ruolo di sindaco ci sembra vada interpretato come un segnale di distensione nel paese.
Un altro Benito quindi alla guida di Predappio? Sì, ma non era uno dei tanti Benito con cui si chiamavano i bambini del ventennio, per ricevere il sussidio che Donna Rachele si compiaceva di elargire alle famiglie che mettevano tale nome, in quanto Partisani nacque nel 1906, ma può essere che ebbe quel nome proprio avendo come riferimento il giovane Mussolini socialista, anzi lui stesso ebbe a dichiarare che era stato tenuto al "battesimo socialista" (fatto col vino) dal suo famoso omonimo.
Nel 1948 alle elezioni politiche si presentò anche l’MSI che a Predappio ottenne quasi il 4% dei voti, non molto, ma più del doppio della sua media provinciale (1,15%). Tuttavia non fu Predappio il comune dove i neofascisti ottennero il massimo consenso; questo fu Dovadola dove ottennero il 4,18%.


A Predappio la maggiore concentrazione dei voti alla destra si ebbe, come era prevedibile, nel capoluogo. In effetti, una buona parte della popolazione urbana aveva visto nel dopoguerra un drastico peggioramento delle proprie condizioni di vita rispetto all’anteguerra, in quanto il paese aveva una condizione economica privilegiata e in questo contesto ciò che meraviglia, tuttavia, è quanto il fenomeno nostalgico fosse limitato. Il fascismo, per quanto diffuso, tanto da sembrare di avere un consenso pressoché unanime, era rimasto un evento che aveva inciso abbastanza superficialmente nelle coscienze. Alle elezioni del 1948 le sinistre si presentarono unite nel Fronte Democratico Popolare subendo una pesante sconfitta e tuttavia a Predappio mantennero la maggioranza assoluta col 51%, nonostante la scissione del PSI (era tornato al nome tradizionale) e la nascita di Unità Socialista (poi PSDI). Poi ricominciò la risalita; alle comunali del 1951 la lista di sinistra tornò alla percentuale del 60%. In sostanza a Predappio la sinistra resse meglio che dalle altre parti.
Nel dopoguerra riesplose anche la questione agraria. Tornarono le tensioni fra mezzadri e braccianti da una parte e possidenti dall'altra che avevano dominato la scena politica e sociale della Romagna. Il fascismo aveva sposato la causa dei possidenti terrieri ed uno dei primi decreti del governo Mussolini, del 4 Gennaio 1923, aveva cancellato le conquiste strappate dai mezzadri negli anni successivi alla prima guerra mondiale ed inasprito la tassazione a carico di mezzadri e dei coltivatori diretti. Durante il regime la situazione era stata congelata perché il fascismo indicò nel patto di mezzadria il perno della propria politica agraria. Questo patto semifeudale tuttavia aveva fatto il suo tempo e le contraddizioni riesplosero nel secondo dopoguerra, quando i governi centristi si mostrarono molto cauti nell'andare, non solo all'abolizione, ma anche alla revisione di questo sistema. Nel 1949 le vallate della Romagna furono scosse da grandi manifestazioni di protesta per la riforma dei patti agrari.
Predappio si trovò ancora nel mezzo di queste agitazioni. Per certi aspetti sembrava di essere tornati ai moti che l'avevano scossa tra la fine dell'ottocento e l'inizio del secolo successivo, solo che al posto della cavalleria di Crispi e Giolitti armati di sciabole e moschetti ora c'era la "celere" di Scelba e De Gasperi. Le camionette erano subentrate ai cavalli e le bombe lacrimogene e i manganelli alle sciabole.
Nei primi giorni del marzo 1949 la polizia intervenne pesantemente, contro i braccianti a Tontola e Santa Marina. Il 10 marzo “La piazza di Predappio si riempiva in poco tempo di lavoratori e donne indignate per protestare contro il tentativo di impedire ai lavoratori di eleggere i loro dirigenti, quando giunse la notizia che il collocatore democratico, eletto con 1300 voti, ed il segretario della C.d.L. chiamati in caserma dei CC.RR. venivano arrestati e portati via. La provocazione aveva raggiunto il colmo e la popolazione decisa a non lasciare impunemente arrestare i loro dirigenti si recava immediatamente presso l’ufficio di collocamento di Stato per mostrare quanto fosse indesiderato e richiedere il rilascio immediato alle forze dell’ordine”.  (Da un articolo del periodico “La lotta” del marzo 1949 dal titolo “ A Predappio bombe lacrimogene e manganelli”).
Ad attendere la folla c’erano “quattro camion di carabinieri” che la caricarono. Alla violenta repressione seguirono altri arresti fra cui quello di Irma Collinelli, moglie di Giuseppe Ferlini. Durante la resistenza Irma era stata arrestata dai fascisti e rinchiusa alla Rocca delle Caminate, dove fu pesantemente torturata. Immaginiamo che il nuovo arresto, seppur per breve tempo ed avvenuto in condizioni ben diverse, abbia risvegliato in lei gli incubi di quanto sofferto cinque anni prima.





Manifestazioni nel dopoguerra a Predappio

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