domenica 19 aprile 2015

Scarponi chiodati e pavimenti lucidi





Le impressioni di un anziano contadino (anni '20)
BOLOGNA NON E' POSTO PER CRISTIANI , MA PER LUPI"

Dvidin (Davide) era un contadino ormai anziano, praticamente non era mai uscito dal suo podere che si trovava sulle colline che sovrastano l'abitato di Cusercoli, al massimo era arrivato fino a Civitella per recarsi al mercato. Dvidin stava perdendo la vista, il medico condotto gli procurò una visita da un professore di Bologna oculista molto rinomato.
Andare a Bologna era però un problema, anche i membri della sua famiglia erano analfabeti e non si erano mai mossi dal podere al massimo i figli erano arrivati con la SITA (Corriera) fino a Forlì. Per fortuna il figlio del padrone, che frequentava l'Università di Bologna, si prestò ad accompagnarlo alla visita medica.
Dvidin fu ripulito ben benino, lo vestirono coi panni migliori, ma per le scarpe dovette accontentarsi degli scarponi chiodati che per l'occasione furono ben lucidati.
Giunti a Bologna mentre transitavano sotto un portico da pavimento particolarmente liscio a causa delle scarpe chiodate il vecchio contadino scivolò lungo e disteso sul lastricato.
Dvidin si alzò ed esclamò ad alta voce: BOLOGNA NON E' POSTO PER CRISTIANI ; MA PER I LUPI" (Bulogna un n'è un post per i s-cian, ma per i lup".




La scivolata di Ferlini sotto la scrivania
Tratto dal libro attualmente in libreria: "La foja de farfaraz. Predappio:cronache di una comunita libera e solidale" do P. Capacci, R. Pasini e M. Giunchi
Un anno dopo, nell'autunno del ’45, nella miseria e nelle distruzioni dell'immediato dopoguerra, con la macchina del servizio pubblico di Germano Lombardi, il Sindaco Ferlini e tre assessori andarono a Milano per essere ricevuti dal Conte Giovanni Battista (Gianni) Caproni. In quell'incontro si tentava e si chiedeva al proprietario che la fabbrica Caproni di Predappio, che in parte si era salvata dai bombardamenti, potesse ancora produrre e dare lavoro a Predappio o perlomeno che rimanessero sul posto alcuni macchinari utilizzabili per delle attività che potevano svilupparsi. Non se ne fece niente. Figuriamoci se il conte Caproni che era stato quasi obbligato dal Duce e dal fascismo ad installare una fabbrica d’aerei a Predappio e che aveva tutte le sue attività altrove, ora, che non aveva più pressioni politiche, avesse un qualsiasi interesse a ristrutturare e a mantenere la fabbrica a Predappio. In quei momenti ancora caldi di lotte e vendette politiche, della delegazione faceva parte anche il dott. Furlani che si prestava volentieri a dare una mano a Ferlini e all'Amministrazione Comunale, anche se di parte avversa, quando si trattava di fare qualcosa di buono per Predappio e che, per la sua cultura e preparazione, aveva il ruolo di portavoce della delegazione. All'entrata della sala di ricevimento con il pavimento tirato a lucido con la cera, come in quegli anni si usava, il Sindaco Ferlini, che calzava, com'era solito, gli scarponi chiodati, fatti pochi passi, scivolò gambe all'aria infilandosi sotto la pregiata scrivania quasi addosso al conte Caproni. Nessuno, conte compreso, riuscì a trattenersi dal ridere e chi rideva di più, anche un po' sgarbatamente, erano proprio i tre compagni amministratori. E lo scivolone del Sindaco sotto la scrivania del conte è stata la cosa “più importante” e divertente di quella visita e di quell'incontro. Alla fine degli anni ‘80, racconta Vittorio Celli, allora consigliere comunale del Movimento Sociale Italiano (M.S.I.), il Sindaco Ivo Marcelli, la segretaria comunale, due consiglieri comunali di Maggioranza, uno del Partito Socialista e uno del Partito Comunista, e lui andarono a visitare a Mattarello di Trento il Museo di famiglia dei conti Caproni. Ovviamente la visita era finalizzata e in relazione all'importanza storica della presenza dei Caproni a Predappio durante il ventennio fascista. Ebbene, ora si trova lì, nel museo, anche “quella scrivania” e in occasione della visita è stato ricordato lo scivolone del Sindaco Ferlini. Gli ospiti sono stati ricevuti con molta gentilezza dalla contessa Maria Fede Caproni che, fatte le presentazioni, ha abbracciato Vittorio Celli dicendo: “Uno solo? Almeno tu sei della nostra parte (politica)”. Questi signori, questi aristocratici non si smentiscono mai! Sempre dalla parte dei partiti dei contadini, degli operai, dei lavoratori!
 

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