martedì 15 marzo 2016

LA FUGA IMPOSSIBILE


Frontiera Grecia - Macedonia oggi



La fuga impossibile (Settembre ’44)
(Tratto la libro " Poi venne la fiumana" di Palmiro Capacci) 

Era passata una staffetta partigiana ad avvisare i contadini, invitandoli a fuggire, a nascondersi, perché stava per iniziare un grosso rastrellamento e questa volta oltre ai fascisti c’erano anche i tedeschi, quelli più cattivi, le SS, che già si erano fatte una brutta fama. In quel periodo, Paolina era rimasta col nonno e con i tre figli Colomba (la Culomba) e Domenica (la Minghìna) di cinque e tre anni, infine Giovanni di pochi mesi mentre gli altri famigliari si erano già allontanati. Dove andare in quelle condizioni? Eppure il pericolo era grande. Vestì pesantemente le bambine, chissà dove avrebbero passato la notte? Prese il cambio per il piccino e qualcosa da mangiare, liberò le bestie per non farle trovare ai soldati che le avrebbero potuto rubare oppure anche bruciare vive se avessero incendiato la stalla con loro dentro, e si avviò scendendo lungo il fosso che scorreva in fondo al vallone in direzione di Ranchio (Rância), col piccolo in braccio e le bimbe aggrappate alla gonna. Colomba portava con sé sotto braccio un piccolo quadro con la foto del padre vestito da militare, finora dal vivo l’aveva visto poco, ma la mamma le aveva detto che l’uomo del ritratto era il suo babbo e che un giorno sarebbe tornato per rimanere con loro. Quel ritratto era molto importante per la bambina e quando, durante la fuga, nel guadare il Rio Tibina, le sfuggì di mano e cadde, andando irrimediabilmente perso, la bambina si disperò e cominciò a piangere.
Dopo un po’ di cammino apparve evidente che non si poteva andare oltre, il primo a cedere fu nonno Domenico che il quel periodo era di salute malferma, disse: “Paolina io non ce la faccio più, non riesco a proseguire, voi che fate?” Che fare? Le bimbe erano stanche, poi non sapevano dove fuggire ... tornarono sui loro passi, succedesse quel che doveva succedere, loro avevano fatto il possibile. Rientrarono a casa che era quasi sera, Paolina richiamò le bestie, ma una mucca non tornò, (scoprirono il giorno successivo che era stata dilaniata da una bomba di mortaio) cambiò e allattò Giovanni e fece da mangiare, il meglio che c’era perché del domani non vi era certezza: se doveva accadere qualcosa di brutto … che succedesse a pancia piena … infine si coricarono.
I nazifascisti non passarono quella volta dal Casetto, forse perché era fuori mano; l’essere nascosto ed isolato fu in quella circostanza una fortuna, anche perché come si seppe poi quello fu proprio un brutto rastrellamento, con molte case bruciate e molti fucilati.


Foto di profughi della II guerra mondiale, 
negli ovali Paolina e il marito Luisin al tempo della guerra.

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