domenica 19 gennaio 2014

ALDO (Dino) PALARETI

 ALDO (DINO) PALARETI 
 Partigiano- Medaglia d'argento al valor militare





ALDO (DINO) PALARETI

Palareti Aldo (detto Dino) di Augusto e di Campana Cristina, nato a Predappio il 28/04/1909 residente a Galeata Provincia di Forlì. Professione Sarto, coniugato con un figlio. Iscritto al P.C.I. clandestino dal 1935 - Partigiano dell’ 8a Brigata Garibaldi “Romagna” dal 10/09/1943 al 23/04/1944.  Medaglia d’argento al valor militare.

Note operative riportate nella scheda dell’elenco dei partigiani in possesso all’ANPI di Forlì.
La sua abitazione era punto di riferimento per i materiali e gli uomini che dovevano raggiungere la brigata partigiana in via di organizzazione. Nel febbraio 1944, dopo l’assalto alla locale caserma della GNR, gli fu impossibile continuare l’attività a Galeata e raggiunse la Brigata. Portandosi verso Galeata per sfuggire al grande rastrellamento d’aprile. Venne catturato alle ore 2 del 23 aprile 1944, assieme a Libero Balzani, Luigi Bandini e Bruno Patrignani, in loc. Rio Secco, dopo servizie, fu fucilato nella stessa mattinata presso la cosiddetta “Fabbrica delle ginestre” senza alcun processo –nemmeno sommario – incolpato della morte dello squadrista Secondo Ghetti.


Palareti condotto alla fucilazione.



Testimonianza di Olimpia Buscherini Vedova Palareti
Presente presso l’archivio dell’ Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Forlì.



“ALDO PALARETI fu Augusto e di Campana Cristina.
nato a Predappio il 23 Aprile 1909. fucilato a Galeata il 23 Aprile 1944.
Perseguitato politico antifascista iscritto al P.C.I. fin dal 1935.
Dopo l'8 Settembre 1943, Dino (così tutti lo chiamavano), è a capo del movimento Partigiano galeatese.
Presidente del C.L.N. clandestino, tutti hanno fiducia in lui, tutti lo stimano, il suo mestiere è il sarto, però non può più lavorare, c'è da organizzare, c'è da preparare i compagni che devono partire per la montagna: i compagni che gli sono sempre vicino sono: Collinelli, Babbini, Buscherini, Zanchini e tanti altri provenienti da S. Sofia, da Forlì; la sua casa è continuamente ritrovo per le riunioni il. rifugio per le armi, siano in guerra, c'è la razione, ma Dino procura tutto con grandi sacrifici; arrivano continuamente uomini, hanno fame, bisogna vestirli, ed egli è il padre di tutti.
I fascisti sanno che Dino è a capo del movimento partigiano, un compagno lo avverte che vogliono arrestarlo perciò è costretto a partire per la montagna, dopo due ore dalla partenza, che fu il 17 Novembre 1943, si presentarono a casa due militi di Forlì che cercavano Dino e non trovandolo dicono che se non si presentasse, preleverebbero lei e il figlio.
23 Febbraio 1944.- 1 Partigiani fanno un'azione su Galeata, arrivano alla notte fra il 22 e il 23, sebbene facciano resistenza, disarmano la caserma dei carabinieri nella quale assieme ai carabinieri, vi sono anche sei militi, prima di consegnare le armi, questi fanno resistenza, allora vengono fatti prigionieri e disarmati, anche i fascisti, vengono disarmati; il Segretario della Repubblichina va sul tetto e lancia bombe in direzione dei Partigiani, Dino assieme ad altri Partigiani, non curanti del pericolo salgono anche loro sul tetto, e dopo una gran lotta il repubblichino, certo Ghetti Secondo, rimane ferito poi in seguito muore. Anche Dino ed altri rimangono feriti, si fanno curare dal medico, poi tornano sui monti.
23 Febbraio 1944.- Notte indimenticabile. Lasciai la mia casa per andare in montagna assieme a Dino e mio figlio. C'era la neve alta, ghiacciata, non si poteva camminare, mio figlio piangeva e solo all'alba si arrivò dove erano ì Partigiani.
24 Febbraio 1944.- Viene una staffetta e porta la notizia che i fascisti rompendo lo porte sono entrati in casa mia rubando e spaccando tutto: un grande dolore mi assale, Dino mi consola, mi dice: non piangere per così poco, finito la guerra, la faremo più bella la nostra casa.
24 Febbraio 1944.- .Siamo ancora nei pressi di Galeata, non si può. partire subito, i feriti hanno bisogno di essere medicati, parte solo una squadra per raggiungere il comando che si trova a Biserno nel comune di S Sofia; i prigionieri vengono consegnati a loro per raggiungere anch'essi il comando, ma attraversando un bosco, tentano la fuga, i Partigiani sparano, i fascisti sono uccisi tutti e sei.
I fascisti di Galeata chiamano i rinforzi da Forlì per andare a prendere i morti, perché in pochi non si azzardano, sanno che ci sono ancora i Partigiani.
27 Febbraio 1944,- Sì parte tutti per raggiungere il comando, Dino ha le gambe gonfie, non può camminare e va a cavallo con il figlio Decio, io a piedi con gli altri Partigiani, la neve è alta, sette ore di cammino, però siamo ugualmente felici e cantiamo; facciamo tappa alla Berleta; troppo poco siamo stati felici, lì dobbiamo separarci, Dino deve andare a Biserno, ma io non posso, è zona di guerra, il bambino è ammalato, ha la febbre; ci salutiamo, io proseguo per il Corniolo, poi vado all’Appennino Tosco Romagnolo.
Marzo 1944.- Per mezzo di una staffetta, so che i fascisti solo dopo un mese cono andati a prendere i militi morti, erano in brutte condizioni, poi loro li seviziarono per renderli mostruosi e calunniare i. Partigiani dicendo che sono stati loro, fecero così una denunzia a Dino, incolpandolo come responsabile di tutto.
Dino partecipava sempre a tutte le azioni, e tutte le colpe ricadevano su. di lui.
8 Aprile 1944.- Per il Sabato Santo, Dino viene e trovarmi per passare con me la Pasqua che era il 9 Aprile; 8 e 9 Aprile ultimi giorni felici, poi al 10 incomincia il grande rastrellamento; il 10 e l’11 sono pochi i fascisti e i tedeschi, in quelle località arrivano molti Partigiani, toscani che sono stati attaccati a Castagno, hanno avuto una lotta dura, sono due giorni che non mangiano, Dino fa subito preparare da mangiare, i contadini fanno .molto pane, ma mentre lo mettono a cuocere, arriva di corsa una staffetta e avvisa che sono arrivati i rinforzi [del nemico], sono accerchiati. Raccolgono in fretta le coperte, le armi e salgono il monte verso l'abetaia che porta anche in Campigna. Dino mentre sale il monte, si volta, sventola il fazzoletto, vede che sono sulla porta che piango, e mi urla: "Stai allegra, non piangere", le sue ultime parole, non l'ho più rivisto.
Tutta la notte non fece che piovere, la mattina dopo volevo cercarlo assieme ad una contadina, salimmo il monte, ma i tedéschi ci videro e spararono, ci buttammo a terra, noi interrogate, diciamo che abbiamo smarrito una pecora, e che si andava a cercarla, ma tornammo a casa avvilite.
14 Aprile 1944.- Sui monti dove sono i Partigiani c'è una gran lotta, sembra che si. spacchino le montagne, noi non ci possiamo muovere di casa, i fascisti non fanno che sparare. Alla notte però i Partigiani si abbassano, vengono a prendere il pane, noi stiamo sempre pronti, e per tutti c’è un po’ di pane, Di notte i tedeschi e i fascisti non si muovono, perciò i Partigiani possono girare.
15 Aprile 1944.- Vengono molti fascisti nella casa dove sono io, e dicono ai contadini:"Abbiamo ordine dai nostri comandanti di chiudervi in casa e bruciare la casa con voi dentro."; poi mangiano, e ripartono portandosi pane, formaggio, e tutto ciò che trovano.
I contadini cominciano a piangere, a disperarsi, e dire che non potevano più tenermi con loro, perché se li avessero scoperti, li avrebbero bruciati veramente.
Parto col bambino per tornare al Corniolo, ma Decio è ammalato, non può camminare,ci fermiamo a Campo Romagnolo, piccolo podere di montagna, dove qualche mese prima c'era stato il Comando Partigiano. Dopo poche ore che sono in quella casa, vedo passare, dalla piccola finestra della cucina, tre militi che hanno un. Partigiano, uno di essi sta dietro di lui col fucile puntato, quando sono vicini, riconosco in quel Partigiano mio fratello Buscherini Guido, lui non mi vede, ed io devo starmene zitta col mio dolore, perché in quel momento altri militi arrivano per prendere il pane.
La mattina del 16 Aprile, domenica, parto per andare al Corniolo., per la strada, so da una contadina che mio fratello assieme ad altri sono passati poco prima con le mani legate, non sapeva però dove li portavano, solo più tardi seppi che li avevano portati a S. Sofia e li avevano costretti a farsi la buca per ammazzarli, ma poi venne un ordine da Forlì di portarli giù e vi furono portati il medesimo giorno.
la strada da Campo Romagnolo al Corniolo era piena di fascisti e tedeschi, ed io ogni 10 minuti venivo fermata e qualcuno non voleva rilasciarmi, ma poi vedendo il bambino a piangere e tremare, mi lasciavano andare, furono ore di spavento quelle.
Arrivata al Corniolo, nessuno mi voleva in casa, i fascisti erano da tutte le parti armati fino ai denti, avevano tutti paura, solo un amico mi disse:"tutto quello che hai bisogno sono pronta a dartelo, ma in. casa non posso prenderti, dopo un'ora la mia casa sarebbe bruciata e tu arrestata, come fare?
Decio aveva la febbre, in quelle condizioni non si poteva andare più avanti , eppure prima di. trovare alloggio camminammo ancora più di un'ora. Ci riposammo, e il giorno dopo, piano piano, attraverso i monti arrivammo vicino a Galeata ci fermammo qualche giorno poi andammo vicino a Predappio in campagna da parenti, fu lì, che il 25 Aprile 1944 due giorni dopo la morte, seppi la triste notizia.
Il 22 Aprile, Dino avendo saputo che i Partigiani durante il rastrellamento si erano sbandati e i giovani si presentavano, venne per ricollegarli, era stanco, aveva fatto tutta la strada a piedi e sì addormentò. Che triste risveglio! fu preso a calci dai fascisti che lo avevano trovato assieme ad altri compagni, furono presi, legati, bastonati, a Dino furono anche tolte le scarpe, e così, li portarono in paese, cantavano i fascisti, erano contenti.
Dino fu torturato, gli furono tolti tutti i capelli, perché parlasse, ma non bastò neppure questo, perché egli non parlò, gli mandarono anche il prete, certo Don Elia Foschini, cappellano di Galeata, ma Dino gli disse che non aveva nulla da dire, solo disse;"Salutate mia moglie, date per me un bacio a mio figlio, e ditegli che muoio contento”.
Scalzo, legato, lo fecero attraversare il paese, Dino teneva la testa alta sembrava volesse salutare tutti, tutti gli volevano bene, all’infuori dei tedeschi, tutti erano terrorizzati, tutti piangevano. Fu portato alla fabbrica delle ginestre, fu bendato per fucilarlo al petto, ma uno di loro disse: "I traditori della Patria sì fucilano alla schiena non al petto" e fu fucilato alla schiena; al plotone d' esecuzione presero parte dodici militi, spararono sei in ginocchio, sei in pi di,
Non volevano che nessuno si accostasse, solo i miei fratelli,poterono andare, e senza cambiare vestito lo misero nella cassa, i fascisti non volevano che si cambiasse, perché dicevano che era troppo bello così, lo portarono in quattro al cimitero, lo misero nella tomba dei caduti, ma lo fecero subito togliere, perché,dissero, che non era degno di stare fra gli eroi, fu fucilato alle ore 9,30 del 23 Aprile 1944, era Domenica,
Così, dopo tanta lotta, non avevo più il marito, non avevo più la casa“. 

 

                                                           Foto dell' esecuzione





OLIMPIA BUSCHERINI

Forse Olimpia Buscherini fu una delle prime donne assessore d’Italia, se non addirittura la prima, anche se per poco. Dopo la Liberazione di Galeata, in attesa delle elezioni, quale Sindaco del Comune fu nominato il partigiano Rodolfo Collinelli (Tom). Il sindaco nominò una propria giunta comunale fra i cui componenti c’era Olimpia Buscherini.
La lista dei componenti fu inviata alla Prefettura di Forlì, la quale pensando ad un errore di battitura chiese :“Avete scritto Olimpia intendevate scrivere Olimpio?”. Il Sindaco precisò che non c’era errore, aveva scelto un assessore donna. La prefettura la fece decadere dalla carica, perché le donne a quei tempi non avevano nemmeno diritto di voto figuriamoci se potevano fare gli amministratori comunali. La lotta contro la vecchia retrograda Italia non era affatto finita.
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La Collinaccia - Podere sito in Comune di Galeata - dove trovarono rifugio i primi gruppi di partigiani nel dicembre 1943 - Il 1° maggio l'ANPI organizza il tradizionale ritrovo a cui i cittadini sono invitati
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Le foto sottostanti si riferiscono a Partigiani dell 8va Brigata Garibaldi (Romagna) in particolare dell' 4° battaglione Comandati da Rodolfo Collinelli (TOM) composto in prevalenza da partigiani del medio alto Bidente e della Valle delRabbi (Predappio). (Nel bollettino ne furono inserite solo un paio).





 









1 commento:

  1. Grazie Palmiro per aver pubblicato queste testimonianze e questi documenti. Dobbiamo conservare la memoria dei nostri eroi. Viva la Resistenza!

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