venerdì 5 dicembre 2014

ALCUNE NOTIZIE SU FIUMANA e FIS-CIN



ALCUNE NOTIZIE SU FIUMANA e su FIS CIN
(tratte dal libro “La foja de farfaraz)

Fiumana fu sempre un piccolo comune. Dopo la caduta di Napoleone, con la ricostruzione dello Stato Pontificio, continua a rimanere strettamente legata a Forlì, nella Legazione Forlivese (una sorta di Unione dei Comuni). Con la nascita del Regno d’Italia passa al Mandamento di Meldola e nel 1866, conta 843 abitanti e comprende la parrocchia di San Cristoforo con 15 case, 17 famiglie e 95 abitanti; San Giovanni in Volpinara, con 4 case, 4 famiglie e 22 abitanti, Santa Lucia in Bussano, con 8 case, 9 famiglie e 53 abitanti, Santa Maria in Sadurano con 31 case, 38 famiglie e 230 abitanti, Santa Maria in Fiumana con 55 case, 80 famiglie e 453 abitanti. Una statistica del 1829 definisce le abitazioni di Fiumana: "poche". Quelle di Predappio sono invece definite “orride”. L’unica strada rotabile esistente è lunga solo 540 metri.
Fiumana rimase sempre un piccolo comune. Nel 1925, quando fu incorporato al Comune di Predappio, tranne il nucleo di Sadurano che fu assegnato a Castrocaro, contava circa un migliaio d’abitanti.
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Piazza  del Municipio di Fiumana, fine '800
La condizione sociale di Fiumana
Un quadro della condizione sociale dell’epoca è ben descritto da Don Franco Zaghini per quanto riguarda la parrocchia di Fiumana, nel suo interessante e documentato libro “Fiumana, l’abbazia, il paese e la parrocchia”di cui riportiamo il seguente stralcio:
La documentazione giunta fino a noi connota, per la zona di Fiumana, una situazione economica e sociale ancorata alla terra senza grandi prospettive di decollo industriale. Anche il commercio è molto modesto: nella fiera che si svolge in paese nei primi mercoledì di luglio e di agosto vengono trattati 32 fra bovini ed equini. Ancora all’inizio del secolo le poche manifatture che possono essere chiamate “industriali” consistono, secondo le statistiche ufficiali, in tre telai per materie tessili i quali occupano il personale per 120 giorni all’anno; un brillatoio di riso della potenza di 4 cavalli che occupa tre operai e che lavora 300 quintali di riso all’anno, un frantoio; un molino per cereali, con due macine, che lavora 601 ettolitri di farine.
Tuttavia, nonostante una troppo lenta modificazione delle strutture lavorative e delle condizioni economiche, anche in questa vallata,sopratutto in questa parte terminale e che ha grandi e profondi legami con la pianura e la città, cominciano a risentirsi gli effetti dei cambiamenti, ben più estesi e profondi, che stanno coinvolgendo la società nel suo complesso. Nelle campagne poste a confino fra la collina e la pianura, spinti dalla fame e dalla prospettiva di migliori condizioni di vita, gli abitanti delle zone montane ne aumentano celermente la popolazione, ma introducono novità di rilievo dentro il tessuto sociale ormai formato da secoli. Altri cambiamenti sono introdotti sopratutto ad opera della prima meccanizzazione che coinvolge le famiglie contadine offrendo loro un certo aumento del tenore di vita ma anche la sovrabbondanza di braccia lavorative che devono emigrare alla periferia delle città in cerca di lavoro spesso precario ed avventizio creando così quel bracciantato che sarà determinate per lo sviluppo del movimento operaio e per la crescita dei partiti popolari, soprattutto di quello repubblicano e socialista. L’organizzazione dei braccianti, che faceva capo alle Leghe operaie, ebbe anche a Fiumana la “Lega dei contadini”. Una fonte del 1907 ci informa che a Fiumana sono iscritti alla Lega 45 soci, che versano quote da venti centesimi.
Queste modificazioni sociali cominciano ad essere evidenti già alla fine degli anni ’80 del secolo XIX. Un accurato Stato d’anime ne offre sufficiente testimonianza: parroco, medico, segretario comunale, bidello comunale, 3 maestri, postino, 2 ostetriche, 4 possidenti, 5 fattori, macellaio, un brillatore di riso, 2 tessitrici, 2 sarti, 5 sarte, 2 fabbri, 5 falegnami, 3 mugnai, 2 ortolani, 3 bottegai, 2 garzoni, 7 calzolai, 7 birocciai, 13 servi, 22 muratori, 68 braccianti, 98 coloni, 176 casalinghe, 221 minorenni”.
In totale fanno 647 cittadini della parrocchia di Fiumana, di gran lunga la più numerosa del comune, le altre parrocchie erano di campagna, quindi dovremmo attenderci quasi esclusivamente dei contadini, si tenga inoltre presente, come precisa lo stesso Don Franco Zaghini in una nota a margine, che per minorenni si intende quelli sotto i 14 anni, età in cui i ragazzi, specialmente se contadini, lavoravano già da anni e che le casalinghe sono per la grandissima parte contadine. Col termine coloni si intendono i mezzadri, ma in questo caso è probabile che vi siano compresi anche i coltivatori diretti, altrimenti avremmo una concentrazione della intera proprietà terriera nelle mani di soli 4 possidenti, la qual cosa è improbabile.
Per quanto povera fosse la condizione sociale di Fiumana era migliore rispetto al vicino Comune di Predappio, che nonostante avesse allora quasi il quintuplo d'abitanti aveva solo il doppio degli elettori, siccome allora il diritto di voto era riservato a chi superava un determinato censo ciò è indice di una più diffusa povertà di Predappio rispetto a Fiumana.

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In ricordo di Terenzio Mercatali (Fis-cin)
(22-04-1922 / 10-01-2013)

Testimonianza di Terenzio Mercatali (Fis-cin) dell'ottobre-novembre 2012
Il ritratto di Mussolini nel cesso
La militanza antifascista di Terenzio Mercatali, detto Fis-cin (Fischietto), ha avuto un decisivo impulso il 24 luglio del ‘43, la vigilia del giorno in cui Benito Mussolini sarebbe stato destituito dal Gran Consiglio del Fascismo con tutte le drammatiche vicende avvenute in seguito a tale scelta. Proprio quel giorno il ritratto di B. Mussolini, che, appeso alla parete del reparto della fabbrica “Caproni” di Predappio in cui Fis-cin lavorava, dominava sulla testa degli operai, era finito miseramente nel cesso. La “Caproni” di Predappio era una fabbrica di aeroplani che, considerando anche gli occupati dell'Aeronautica Militare di Forlì e alla “Linea di volo”, come allora erano detti gli aeroporti, di Forlì, dove gli aerei erano assemblati, dava lavoro a circa millecinquecento persone. Mercatali e un certo Tosi Nazareno, originario di Rimini, si erano trovati casualmente in quei gabinetti quando la vigilanza della fabbrica scoprì il fatto e loro furono incolpati di tale gesto, di aver messo il quadro di B. Mussolini nel cesso. Allertati, immediatamente arrivarono tre bersaglieri, l'arma militare d'appartenenza del Duce e tre miliziani, entrambe le squadre capeggiate da un sergente, per arrestare e portar via i due sciagurati.
L'arresto in fabbrica
Ammanettati l'un l'altro Mercatali e Tosi furono portati alla gogna in giro per la fabbrica e all'uscita della “Caproni” passarono in mezzo ad una trentina di persone, tra cui tutti i “capi” della fabbrica, che li strattonavano e li insultavano. Il direttore del personale della “Caproni”, l’ingegner Giovanni Manzella, “fascista della prima ora”, afferrò “Fis-cin” per il collo quasi strozzandolo e graffiandolo tutto e urlando in modo plateale disse: «Ma cosa ti ha fatto Mussolini per fare questo!» Furono poi portati in Caserma e consegnati ai carabinieri di Predappio.
L'interrogatorio nella Caserma di Predappio
Il comandante della caserma, un capitano dei carabinieri, li interrogò per delle ore, quel giorno e il giorno dopo, accusandoli di aver “pisciato” sul ritratto del Duce, ma i due non potevano che ribadire la loro innocenza. Fis-cin replicò che nessuno aveva pisciato sul Duce e che, anzi, lui, il quadro da terra dove si trovava lo aveva appoggiato sopra l'armadietto del gabinetto e questo lo avrebbero potuto verificare facilmente. Durante l'interrogatorio Mercatali e Tosi furono tacciati di essere degli “imboscati” e, non essendo la prima volta che Fis-cin sui luoghi di lavoro e in altre parti si prendeva dell'imboscato, non si trattenne dal dire al capitano: «E allora voi!» Infatti Mercatali era stato riformato ed esonerato dalla leva militare per una menomazione braccio e Tosi, dopo aver già fatto tre anni di guerra nella Marina Militare, nei sommergibili, era stato riformato perché aveva contratto la tubercolosi. Anche per questo Tosi, lui che aveva lottato e sofferto tanto per il Duce, si lamentava molto per tali accuse e la situazione in cui si trovava. Il capitano era balbuziente e ogni volta che non cavava la parola, per sbloccarsi, “mollava” un pugno o una sberla a uno dei due ma soprattutto a Fis-cin che gli era più vicino e aveva la “ganasa” dalla parte del capitano tutta gonfia e tumefatta.
Il rilascio
La mattina del terzo giorno, dopo due notti di prigione, furono rilasciati e successivamente reintegrati nel lavoro alla “Caproni”. Mercatali chiese al maresciallo dei carabinieri, che gli restituiva gli effetti personali sequestrati al momento dell'arresto, di poter denunciare il direttore della Caproni che lo aveva graffiato in quel modo mentre era ammanettato e mostrò il collo tutto segnato al maresciallo. Il maresciallo gli disse che per fare la denuncia ci volevano i testimoni e Mercatali replicò che più di trenta persone avevano visto davanti alla “Caproni” e, vedendo in quel momento dalla porta aperta uno dei miliziani che lo avevano ammanettato e prelevato, disse al maresciallo: «ecco lui è uno». Ma il milite fascista, chiamato dal maresciallo, disse, spudoratamente, di non aver visto niente e Fis-cin “non perse altro tempo in quella Caserma”. L'autore del misfatto non fu mai scoperto e, probabilmente, Mercatali e Tosi furono scarcerati e reintegrati nel lavoro senza altre noie perché in quei giorni, dopo la destituzione di B. Mussolini da parte del Gran Consiglio del Fascismo, c'era molto trambusto e nervosismo tra i dirigenti fascisti e incertezza sul da farsi nell'Arma dei carabinieri e nell'Esercito. E poi, stai a vedere che quel ritratto di Benito Mussolini finito nel cesso il giorno prima della sua destituzione non fosse un segno premonitore del destino! Comunque, gli operai della “Caproni” di Predappio si erano già disfatti del fascismo buttando nel cesso Mussolini.
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Il dispaccio
Il 27 ottobre del ’44, l'indomani dell'arrivo a Predappio di Ferlini Giuseppe e dei suoi partigiani, Mercatali doveva recapitare un loro comunicato a Pino Maroni, un partigiano dei G.A.P., a S. Martino in Strada. Il dispaccio lo aveva ricevuto da due partigiani uno dei quali, a memoria di Mercatali, era un certo Casadei di Bussecchio. Nel comunicato si segnalavano le posizioni conquistate dai partigiani e dagli Alleati, le postazioni tedesche ancora presenti nella vallata e sulle colline di Predappio e Castrocaro e si davano delle direttive per l'imminente attacco per liberare Forlì. Pino Maroni aveva a S. Martino in Strada una bottega da falegname e questa sua attività lo “copriva” e lo facilitava per nascondere e smistare le armi ai partigiani, e per ricevere e trasmettere informazioni. Ha raccontato Fis-cin che in quei giorni era freddo e pioveva sempre e lui si era più volte bagnato e “infradiciato tutto” e si era preso un “febbrone” e affidò così l'incarico di recapitare il messaggio a due giovani di Fiumana delle S.A.P., Ugo Vallicelli (Ughin) e Giovanni Cimatti (Pelo).
(…)
P.S.- In questi giorni è venuto a mancare anche Ughin (Ugo Vallicelli), porgiamo le nostre condoglianze alla famiglia ad ai compagni.
Panorama di Fiumana databile non oltre alla prima metà degli anni venti.


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