sabato 11 luglio 2015

Quando gli italiani non parlavano italiano.



LA SVENTURA DEI TRE FRATELLI

CHE VOLEVANO IMPARARE L’ITALIANO 
Tratto dal libro: C'ERA UNA VOLTA ... anzi appena ieri
di Palmiro Capacci 
E mail: palmiro.capacci@gmail.com 







Questa favola o meglio storiella ha un'evidente finalità pedagogica, spiega ai bambini l’importanza dell’istruzione ed in specie della conoscenza della lingua italiana, pena grossi guai. Sullo sfondo s'intravedono la difficoltà e l’inadeguatezza del mondo contadino a rapportarsi con le istituzioni statali, viste come una realtà estranea a cui bisogna adeguarsi perché non ti comprende, non media e procede implacabile. S'intravede pure una critica, neppure troppo larvata, alla figura patriarcale dell’azdör che, tutto preso dal suo ruolo esclusivo, comanda la famiglia e la esclude dalle decisioni e dalla conoscenza. Ricordiamo che le favole erano raccontate dalle donne ai bambini, tutte figure subalterne nella famiglia patriarcale.

Un anziano contadino morì lasciando tre figli: giovani ragazzi, ancora non maritati. Erano grandi lavoratori, ma piuttosto sprovveduti. Rimasti orfani di madre ancor piccoli erano cresciuti un po’come potevano. Non avevano mai lasciato il podere, nemmeno per frequentare la scuola. Il padre da vero reggitore (azdör) tutto di un pezzo, volitivo ed autoritario, li aveva sempre comandati a bacchetta senza preoccuparsi della loro educazione e mai li aveva messi al corrente degli affari della famiglia e del mondo. Morto il padre, i tre giovani si sentivano spauriti ed inadatti ad affrontare la vita.
Il più grande, dopo aver a lungo riflettuto, disse ai fratelli: “Adesso dobbiamo arrangiarci da soli, penso che per farlo la cosa più importante sia quella di imparare a parlare l’italiano, altrimenti ci considereranno dei poveri ignorantoni e tutti ci prenderanno in giro e ci raggireranno nei nostri affari”.
I fratelli approvarono, mica era il più grande per niente, ma come fare ad impararlo l’italiano? Vivevano in un podere sperduto fra i monti e nei  dintorni non c’era nessuno che lo parlasse.
Si misero quindi in cammino. Cammina cammina non incontrarono anima viva, si fece notte, erano stanchi ed affamati, finché nel buio videro balenare un lumino, proseguirono in quella direzione e trovarono una casupola. Bussarono ed una vecchia aprì l’uscio di casa e chiese: “Che volete bei ragazzoni?”.
Raccontarono il motivo del loro viaggio. Sentito il racconto, la vecchia rispose: “Se la questione è questa non c'è problema, conosco l’italiano e posso insegnarvelo, in cambio, siccome sono una donna sola, dei bei ragazzoni come voi possono aiutarmi a fare qualche faccenda attorno casa”.
Raggiunto l’accordo, i giovani si fermarono, di giorno lavoravano e la sera studiavano l’italiano con la padrona di casa. Sarà perché di giorno dovevano lavorare duramente ed alla sera erano stanchi morti, sarà che erano poco avvezzi allo studio, sarà che la maestra non era granché brava, sarà quel che sarà, fatto sta che impararono assai poco. Finché un giorno la vecchia disse che non aveva più bisogno di loro, trovò la scusa che avevano imparato già un po’di italiano e li licenziò. Di quanto avevano studiato dell’italiano il maggiore ricordava solo la parola “io”, il mezzano solo le parole “per denaro” ed infine il piccolo sapeva solo dire “suo dovere”.
Ripresero il cammino di casa, soddisfatti di aver imparato qualcosa. Lungo il tragitto videro un uomo riverso supino sul sentiero, si avvicinarono e costatarono che era morto assassinato: sul petto erano evidenti le pugnalate inferte con uno stiletto.
Rimasero lì indecisi sul da farsi, quando sopraggiunsero i carabinieri. Il maresciallo chiese subito in italiano: “Chi è stato?”.
Il fratello maggiore non capì la domanda ma timoroso di passare per il solito contadino ignorantone pensò di mettere a frutto ciò che aveva imparato con le recenti lezioni di italiano e prontamente rispose: “Io”.
Il maresciallo perplesso per l’immediata confessione chiese: “Perché?”.
Essendo finito il lessico del fratello maggiore, rispose il mezzano “Per denaro”.
Sentita la confessione, il carabiniere replicò”. Ah è così!. Brutti delinquenti! Adesso vi arresto”.
Il piccolo che non voleva rimanere escluso dalla loro prima conversazione in italiano, aggiunse: “Suo dovere”.
Col giudice le cose non andarono meglio, non parlando la stessa lingua l’equivoco non fu chiarito, e senza pensarci su due volte il tribunale li condannò all’ergastolo. I tre sventurati fratelli sono ancora là in prigione, che si chiedono il motivo della loro condanna. 

Raccontata da Evelino Milandri (Velino) di Cusercoli
Disegno di Giovanni Fattori

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