domenica 11 dicembre 2016

RICORDI DEL NATALE DI QUALCHE TEMPO FA


Ricordi delle feste di Natale nella mia infanzia in ambiente contadino Montanaro



NATALE E BEFANA
Dal mio libro "Poi venne la fiumana"



Natale (Nadêl) era la festa più sentita, era la festa della famiglia, nessuno poteva mancare. Era la festa del ben mangiare, quel giorno non si lesinava. Il brodo di cappone ed i cappelletti erano la base irrinunciabile del pranzo. Si andava naturalmente a messa anche da parte di chi non vi andava molto spesso, era anche un'occasione per vedere tutti i parrocchiani, compresi quelli che si vedevano di rado perché abitavano lontano. Non ricordo i regali di Natale, anche se quel giorno si rinnovava qualcosa dell’abbigliamento, ma noi bambini non interpretavamo il cappottino o le scarpe nuove come regali, non ci importava come vestivamo, un regalo per essere tale doveva essere un gioco o un dolciume; allora non era Gesù Bambino a “portare i regali” (come si dice al giorno d’oggi) ma la Befana.

C’era invece l’usanza di preparare una letterina, si faceva a scuola, con un disegno natalizio a cui spesso venivano aggiunti brillantini o altri ornamenti, si metteva una frase di circostanza piena di buone intenzioni, (spesso era suggerita dalla maestra), rivolta al padre e la si metteva sotto il suo piatto. Il padre era in dovere di pagare con moneta sonante le promesse ricevute.

Durante il pranzo i bambini recitavano poesie e filastrocche sul tema natalizio del tipo: “Tutti vanno alla capanna, per vedere cosa c’è. C’è un bambin che fa la nanna, nelle braccia della mamma. Se ci avessi un vestitino, lo darei a quel bambino, il vestitino non ce l’ho e il mio cuore ci darò” (l’impegno assunto non era poi tanto gravoso). In genere ci si accontentava della recita del bambino più piccolo che fosse in grado di declamarla, io me ne sono risparmiate parecchie perché era Maria Paola la più piccola, la qual cosa non mi dispiaceva: le filastrocche natalizie mi sembravano più roba da femmine. ( ...) L’albero di Natale non si faceva, il presepe in qualche casa, in ogni caso si andava ad ammirare quello della chiesa. Ricordo che un anno si discusse parecchio sul fatto che il prete di Cusercoli ci aveva messo anche il trenino, io invece non capivo perché il Santo Bambino era tenuto seminudo “al freddo e al gelo”, mentre gli altri protagonisti erano tutti ben vestiti da capo a piedi.
La Befana (Biféna) era attesa con ansia dai bambini, era la loro festa. La festa cominciava la sera col giro dei befanotti (o pasqualotti) che si disponevano fuori dalla casa ed accompagnati dalla fisarmonica cominciavano a cantare gli stornelli costruiti su uno schema base cui si apportavano numerose varianti e si concludeva con la richiesta di entrare in casa, esaudita dopo un po'. Uno di loro era vestito da Befana (credo tuttavia che la presenza della Befana sia un'aggiunta piuttosto recente ed incongrua), gli altri erano vestiti con la tradizionale capparella romagnola. Mangiavano e bevevano qualcosa, cantavano ancora qualche stornello magari personalizzato, mentre la Befana dava caramelle e dolcetti ai bambini ed infine si spostavano nella casa successiva. A casa nostra la Befana, quella della calza, era nostro padre. Fare la Befana ai bambini era compito suo, nessuno si doveva intromettere, lui aveva una vera passione che è continuata con i nipoti fino alla fine della sua esistenza. Forse ciò derivava dal fatto che, essendo un bambino orfano, la Befana non la ricevette mai. Alla sera ci mandava a letto relativamente presto dicendoci che se la Befana passava mentre eravamo ancora svegli non ci lasciava nulla. Attaccavamo i calzettoni al camino (i più grandi che si trovavano per casa); le befane di Luisìn erano riconoscibili: mischiava mandarini, fichi secchi, caramelle, cioccolatini, lupini, carrube (oggi introvabili e considerate buone solo per i cavalli, ma allora considerate alla stregua di dolciumi) a vero carbone, aglio, cipolla, patate ed altre cose non gradite. Ogni oggetto era accuratamente incartato in modo che bisognasse "impazzire" per scoprire il contenuto. Luisìn la mattina voleva assistere all'apertura della calza, se dormivamo troppo tempo ci svegliava. La "befana" durava parecchi giorni, era centellinata, e talvolta si litigava con i fratelli sospettando la sparizione e il furto di qualche pezzo. 




POESIE DI NATALE
dal mio libro "C'era una volta ... anzi appena ieri"



LA CAPANNA
Tutti vanno alla capanna,
per vedere cosa c’è.
C’è un bambin che fa nanna
nelle braccia della mamma.
Oh! Se ci avessi un vestitino
lo darei a quel bambino!
Il vestitino non ce l'ho,
tutto il mio cuore gli darò!


LA NOTTE DI NATALE
La notte di Natale
è nato un bel bambino
bianco, rosso e ricciolino.
Maria lavava,
Giuseppe stendeva
e il bimbo piangeva
che latte voleva
Non pianger, mio figlio
che adesso ti piglio;
pane non ho
ma latte ti do.
La neve sui monti
cadeva dal cielo
e Maria col suo velo
copriva Gesù.

LA MIA MAMMA PER NATALE
La mi mama per Nadêl
La m’à prumess e’pân speziêl,
di zucarén e dal zambëli
e tânt ètar ròbi bëli.
La mi à prumess a cundiziòn
Ch’impares un bël sarmòn.
Tota nòta a l’ho sugnè
Stamaténa am sò alzè
e sarmòn a l’ho imparè.
A j ò det e mi sarmunzén
mama, mama dam i zucarèn. 

Traduzione:
La mia mamma per Natale
mi ha promesso il pan speziale
zuccherini e ciambelle
e tante altre cose belle.
Mi ha promesso a condizione
che imparassi un bel sermone.
Tutta la notte l’ho sognato,
stamattina mi sono alzato
il sermone l’ho imparato.
Ho detto il mio sermoncino
Mamma, mamma dammi lo zuccherino.

QUESTA NOTTE A MEZZANOTTE
Sta nota a mezanòt,
un’ora préma de bòt,
l’è nêd un Babinèl,
tra e bò e sumarel.
Con e su respir il schelda,
San Jusèf l’è le cu guêrda;
la su mama lal fàşa,
la i strènz i su pidin
Gesù mio, che bel mimin!
A l’è d’intòran, tôt fa ligria,
tôt j adòra e Babinèl;
i pastùr i sona la piva,
la piva e ancora e i pivén,
i fa ligrèza a e’bel Bambén.
È sarmòn a l’ho finì:
mama, dasi un bajòch,
o dasimân du, se un uv pè tròp!

Traduzione
Stanotte a mezzanotte
un’ora prima del “botto” (l’una)
è nato un Bambinello
tra il bue e l’asinello.
Con il loro respiro lo riscaldano,
San Giuseppe è lì che lo guarda, la sua mamma lo fascia
gli stringe i suoi piedini:
Gesù mio, che bel Bambino.
Lì intorno, tutti fanno festa,
tutti adorano il Bambinello,
i pastori suonano la piva
la piva e lo zuffolino
fanno festa al bel Bambino.
Il sermone l’ho finito
Mamma datemi un baiocco
o datemene due, se uno vi sembra troppo.


LA BEFANA
La Befana vien di notte,
con le scarpe tutte rotte,
col vestito alla romana.
Viva, viva la Befana! 

Una versione più completa recitava:
La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte,
con la cuffia e la sottana
viva viva la Befana!
Con la cuffia rossa e blu
fichi e noci butta giù
e riempie la calzina
Mò! Che brava la Befanina.

NINNA NANNA, NINNA OH
Ninna nanna, ninna oh
questo bimbo a chi lo do?
Se lo do alla befana
se lo tiene una settimana.
Se lo do all'uomo nero,
se lo tiene un anno intero.
Se lo do all’uomo bianco,
se lo tiene tanto tanto.
Ma lo do alla sua mamma







 


 Il "libricino" della scuola di Chiantra è pubblicaato integralmente nel libro "C'era una volta ... anzi appena ieri"

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