martedì 4 giugno 2019

Uomini e/o tacchini L’unione fa la forza

Dal libro: Poi venne la Fiumana di Palmiro Capacci
 
Ero andato “a parenti”, da mia sorella Colomba che si era sposata da poco stabilendosi in un podere a Ravaldino in Monte. I miei genitori mi caricarono sulla corriera a Cusercoli raccomandando al bigliettaio di farmi scendere alla Para e a me dissero di non muovermi da dove ero, di aspettare perché sarebbero venuti a prendermi e cosi avvenne dopo un po’ d’attesa. (Forse noi campagnoli non eravamo così imbranati così come ci dipingevano. Oggi quale bambino di otto anni farebbe altrettanto?)
Erano quelli gli anni in cui la Romagna, (già “terra di Galli” prima della conquista romana) si avviava a diventare la “terra dei polli”, fino ad arrivare a produrre oltre un terzo dei polli da carne dell’intera nazione. Il fenomeno fu particolarmente evidente nella Valle del Bidente, chi aveva possibilità costruiva capannoni utilizzando come pilastri di sostegno i pali in cemento dei filari delle vigne, con pareti in mattoni bucati e tetto in eternit, chi non aveva questa possibilità riempiva scantinati e capanne con gabbie. A Galeata, anche a ridosso della chiesa romanica del Pantano risalente al XIII, secolo fu costruito un capannoncino. Il fenomeno era diffuso nel fondovalle fin dentro i paesi in quanto i poderi posti in alto sulle colline erano inadatti perché carenti di strade ed acqua. Per la prima volta nella storia le deiezioni che finora erano state preziose per la concimazione dei campi divennero un problema e spesso andavano a finire nel fiume.
Colomba in quel periodo stava allevando cinquecento tacchini tenuti allo stato semi brado in un campo recintato, oggi si definirebbe un allevamento biologico. La curiosità era tanta, tanti tacchini insieme non li avevo mai visti. Nelle case coloniche la tacchina c’era sempre, raramente anche il maschio e talvolta qualche tacchinotto in accrescimento. La tacchina serviva principalmente per covare ed allevare la prole altrui, quella delle galline, perché era madre affettuosa, covava contemporaneamente molte più uova, e soprattutto era più forte ed aggressiva quindi più adatta a difendere i pulcini dai vari pericoli: cani, gatti, falchi, bisce, donnole e volpi. 

 
Arrivato sul posto vidi i tacchini in fondo al campo, mi avvicinai e constatai che erano animali già piuttosto cresciuti, mi avvicinai ancora e notai che cominciavano ad agitarsi; all’inizio non ci feci troppo caso, anche i polli starnazzano sempre, poco dopo tutto il branco era in subbuglio. Mi avvicinai ancora, mi aspettavo che scappassero come sono soliti fare gli animali da cortile invece tennero la posizione, anzi passarono al contrattacco e cominciarono ad avvicinarsi lanciando all’unisono il loro grido di guerra che diventava sempre più assordante. Indietreggiai un pochino ma loro continuarono ad avanzare sempre più minacciosi. Affrettai la ritirata, ma anche loro accelerarono il passo e vidi che le ali dello schieramento nemico si allungavano pericolosamente ai miei fianchi, eseguendo una manovra a tenaglia degna dei migliori strateghi militari, temetti l’accerchiamento e mi diedi ad una precipitosa fuga (ritirata strategica); i nemici si lanciarono alla carica, temetti di fare la fine di Custer a Little Big Horn, anche se i pennuti erano diversi erano comunque indigeni americani. Quando, come nei migliori film western, arrivarono finalmente “ i nostri”, Colomba allarmata dallo schiamazzo si era affacciata a guardare e vista la scena mi corse incontro gridando: “Chêvat la brèta! Chêvat la brèta” (Togliti la berretta! Togliti la berretta!). In quel momento feci mente locale: indossavo una berretta rossa e mi ricordai che il rosso fa infuriare i tacchini (evidentemente perché sono esseri stupidi). Me la tolsi e la misi in tasca. Velocemente i tacchini cominciarono a rallentare la loro marcia, il loro rumoreggiare calò rapidamente di tono. Soddisfatti di aver vinto, furono magnanimi, si accontentarono della mia resa: il “maschio invadente” dalla testa rossa era stato sconfitto ed umiliato. Dopo pochi giorni furono caricati sul camion verso il loro destino, fine che avrebbero fatto comunque, ma almeno una volta nella loro vita avevano mostrato di avere carattere ed avevano conseguito una vittoria. Nonostante l’umiliante sconfitta subita, col tempo ho cominciato ad apprezzare quegli animali, pensai che se avevano saputo osare tanto i tacchini gli umani non potevano essere da meno. Ultimamente questa certezza è meno granitica.








Nessun commento:

Posta un commento